Effetto Larsen vince il Premio Lia Lapini 2011

Il Premio Scrittura di Scena Lia Lapini, promosso da laLut e dal Comune di Siena con la Regione Toscana, da qualche anno mostra al teatro italiano quali siano le nuove forze che ne agitano la ricerca: nel 2008, alla sua prima edizione, ha fatto conoscere il lavoro di Teatropersona, poi l’anno dopo di Isola Teatro e, infine, quello di Vincenzo Schino. Al cuore di questo percorso (nel 2011 compie 4 anni) un’intuizione: in un periodo di evidente “ritorno all’ordine” – di riemersione della componente testuale a precedere la messinscena, forse in coincidenza a una naturale fase di stagnazione delle eccellenze del teatro-immagine – il Premio vuole invece indagare come oggi si attivino le modalità legate alla scrittura scenica, «una pratica di creazione originale che utilizza con la massima libertà qualsiasi materiale, trattandoli alla stregua di altri a sua disposizione». Un bando di concorso all’insegna dell’apertura e della sperimentazione, dunque, che si concentra sull’«hic et nunc dell’attore e dell’evento scenico, lo scarto paradossale fra la loro presenza e la tendenza a essere ‘altro’, divengono il fulcro di una modalità di composizione originale capace di sfruttare il ‘sovrappiù di vita’ che emerge dalla scena».
La dedica a Lia Lapini, invece, sta ad indicare il riconoscimento nei confronti dello sguardo attento e curioso della critica e docente, che ha saputo incontrare e sostenere il lavoro delle realtà emergenti della teatralità italiana. Così il Premio, differentemente da altre competizioni, non si limita a scoprire la giovane o giovanissima compagnia di turno per lanciarla, ma – dai suoi propositi ed esiti – si avvicina piuttosto ad artisti che già affrontano il palcoscenico secondo un approccio originale, con idee autonome che forse non hanno ancora trovato grande diffusione, offrendo loro un consistente sostegno finanziario e distributivo, in un progetto di accompagnamento che precede e segue il debutto di un nuovo spettacolo: dunque non un primo slancio, piuttosto un riconoscimento che può diventare l’occasione per ampliare e consolidare approcci parzialmente già avviati.

Alla sua quarta edizione, quest’anno, il Premio ha ricevuto 185 domande e presenta al pubblico frammenti dei quattro finalisti, selezionati su progetto da una giuria composta da alcuni dei più attenti e instancabili operatori dello spettacolo dal vivo. Una giornata unica per la fase conclusiva, il 23 giugno, qualche ora prima e dopo il tramonto in due spazi-chiave della teatralità senese: la Sala intitolata a Lia Lapini, alle ore 19 per Effetto Larsen e Dario Giovannini/Aidoru, che con Topo propone un lavoro curioso che avvicina la condizione umana alla cavia, in un percorso performativo visuale e sonoro; le Fonti di Pescaia – cuore del festival Voci di Fonte che ospita il Premio – alle 22.30 si dimostrano efficace scelta en plen air capace di accogliere i due diversissimi progetti di Retablo e Massimiliano Venturi (il primo di teatro di figura, il secondo suggestivo frammento di teatro civile interpretato proprio nella vasca di Pescaia).

Il giorno successivo, alle 12 al Teatro dei Rinnovati, la premiazione, che sceglie Innerscapes della compagnia milanese Effetto Larsen, lavoro «su una storia d’amore in cui il tempo è scandito dallo spazio» – come recita il doppio incipit introdotto dal regista Matteo Lanfranchi. Sarebbe una love-story come tante altre, se non fosse per il dispositivo incantato in cui è calata dai 5 performer in scena: un uomo e una donna come protagonisti, gli altri felpati servi di scena. Ma sono le attività di questi ultimi, appunto, a fare paradossalmente da struttura concettuale allo sviluppo della vicenda, minimalmente scandita da quadri canonici (incontro-vita di coppia-abbandono): dopo pochi minuti di gioco a due, i protagonisti si congelano e gli altri mutano in fretta il contesto in cui l’azione si svolgeva – cambiando gli accessori, si trasforma anche il senso dell’azione, che riprende profondamente deviata. In linea con diverse punte della sperimentazione contemporanea, l’idea è quella di uno spettacolo che “si fa” in scena, davanti agli occhi del pubblico – in cui la dimensione autoriale allo stesso tempo demistifica e valorizza la piccola magia del fare teatro. Tanti i riferimenti alle pratiche cinematografiche, dal suddetto “freeze” al loop, fino alle basi delle tecniche di montaggio, che sanno intrecciare con efficacia narrativa frammenti diversi anche sul palcoscenico. In questo contesto, la vicenda d’amore più classica incontra una dimensione ludico-performativa che, pur essendo ancora da lavorare, si dimostra un’intuizione riuscita. Estremamente stuzzicante quando il meccanismo “impazzisce” e fa cortocircuitare il livello finzionale della coppia con quello realistico degli altri performer, meno pungente in qualche ridondanza e ciclicità in cui la compagnia sembra compiacersi del buon funzionamento dell’uno o l’altro dispositivo, Innerscapes è un progetto di lavoro che sembra far tesoro dell’esperienza di performance urbana del gruppo, capace di sorprendere tramite una sapiente commistione di linguaggi (quando non si accentrano l’attenzione e concorrono alla buona resa teatrale della singola scena), un immaginario di riferimento ampio e leggero, una buona dose di complicità con lo spettatore.

Roberta Ferraresi

 

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