Le previsioni meteo, ieri, promettevano tempesta: i tre spettacoli in cartellone – Una vita importante, di Paolo Civati e con Maria Sole Mansutti; Tragedia tutta esteriore, di quotidiana.com; Il silenzio di Dio, di Silvio Castiglioni – sono stati tutti allestiti all’interno del Bastione Alicorno, con solo brevi intervalli tra le diverse rappresentazioni. Da questa piccola maratona teatrale è scaturita la serpeggiante sensazione di un filo conduttore che ha in qualche modo unito i tre angusti spazi del bastione, aprendo la possibilità – nonostante l’estrema diversità dei lavori – ad una riflessione più generale.
Lo sguardo, in assoluta coerenza con il tema del Festival, guarda al cielo, ma attraversa gli astri per cercare di vedere oltre: cosmologie che si allontanano dalla scienza per interrogare la religione. Se la Mansutti dipinge una Vergine Maria umanissima ed adolescente, i Quotidiana rompono i loro silenzi con le più disparate domande, tra cui alcune, irriverenti ed esilaranti nel loro straniante susseguirsi, sull’esistenza di Dio. Castiglioni, invece, affianca al monologo di un prete, senza parole di fronte una donna che vorrebbe suicidarsi, l’invettiva di un demone dietro cui si cela Il Grande Inquisitore di Dostoevskij.
Lavori che esternano un desiderio di un Dio più umano, credibile, vicino; un Dio con “i piedi per terra’”. In questo anno galileiano in molti sembrano volere puntare il telescopio sul pianeta Terra, anziché guardare all’universo e chiedersi cosa “move il sole e l’altre stelle”. Come se il mistero avesse ormai esaurito tutto il suo fascino, stanchi di un Dio che non risponde alle domande, che non si manifesta se non attraverso riti e catechesi ormai desueti e svuotati. Alla richiesta di elevarsi verso Dio, rinunciando a ciò che della natura umana ci tiene maggiormente ancorati al terreno, si potrebbe rispondere con una domanda: perché non scende, un po’ Dio verso di noi? Forse a lui costerebbe decisamente meno fatica. Ci si sentirebbe, così, meno soli. Una domanda appena sussurrata attraverso il sorriso splendido della Madre di Gesù della Mansutti, che si fa più esplicita nelle dissertazioni psuedoteologiche e ‘tutte esteriori’ di Roberto Scappin e Paola Vannoni, per essere, infine, urlata da Castiglioni.
Quello che viene dipinto è un uomo con le sue necessità più umane, vere, concrete. Un uomo spinto dalle contingenze a guardarsi intorno più che verso l’alto. Un uomo stanco di risposte insoddisfacenti, sermoni e paternali che trova nella libertà di dubitare la sua essenza, la sua forza, seppur, spesso, non la felicità.
Le alte guglie delle cattedrali gotiche non impressionano più, i discorsi alle finestre non convincono, anzi, spesso, risuonano troppo lontani dalla realtà, contro ogni bisogno umano. Il “mentire in maniera intelligente” ammesso con orgoglio dal Grande Inquisitore, rappresentante di un sistema tutt’oggi saldo e potente, forse è un po’ stato smascherato in questa ricerca di un uomo che assomigli un po’di più a se stesso. Un uomo che non si vuole più vergognare delle sue necessità più basse: vengono in mente dei versi di Bertolt Brecht, dalla sua Opera da tre soldi, che, con ironia, spiega questo concetto con sintetica semplicità:
Voi che alla retta via ci esortate
e ad evitare il fango del peccato
prima di tutto fateci mangiare
e poi parlate pure a perdifiato.
Voi che alla nostra ciccia tenete e al nostro onore,
date ascolto, sappiatelo, è così:
solo saziato l’uomo può farsi migliore!
Silvia Gatto