Recensione a LE PULLE operetta amorale – Emma Dante
Emma Dante sceglie alcuni dei versi di William Shakespeare per descrivere la regina Mab: colei che “di notte intreccia le criniere dei cavalli, facendo coi loro luridi crini nodi d’elfi che a scioglierli porta grave sventura. È lei la strega che se trova vergini supine le copre, insegnando loro come sopportare un peso, rendendole donne di buon portamento“.
La levatrice delle fate canta una ninna nanna e, attraverso la canzone, chiama a raccolta le sue fatine: delle buffe bambole snodate armate di peni magici invece che di bacchette. Affida loro il compito di prendersi cura – almeno per il tempo di un sonno – di cinque prostitute (“pulle” in palermitano).
Mab, cantando, presenta le pulle, ognuna ha il suo nome da uomo, un nome d’arte, e una storia. Emma Dante (regista e autrice del testo) racconta, con ironia e con cuore, di quattro travestiti e un trans: creature che si offrono al pubblico ad inizio spettacolo, che a turno aprono una breccia nella superficialità luccicante e negli atteggiamenti provocanti, per far conoscere una profonda e dolorosa verità. Con prorompenti ritmi fatti di danze, canzoni e trasformazioni, vengono esibite anche le paure e i ricordi feroci, le confessioni e le speranze sofferte, invocate con laceranti lacrime: c’è la pulla anoressica, quella venduta dalla madre fin da dodicenne, c’è colei che ama la danza e sogna il suo principe del lago dei cigni, mentre subisce uno stupro.
Esasperata e sfacciata la sessualità fin dalprimo impatto, ma il gioco provocatorio e dissacrante colpisce bene. Infatti, assorbita la cortina di luccichini, piume, peni finti e bambole gonfiabili, il pubblico apprezza la delicatezza e la profondità dimostrate dalla regista. Il ritmo crea entusiasmo e vivo interesse grazie ai puntuali stimoli, ai cambi di atmosfere, alle mescolanze continue tra le sessualità delle fatine e delle stesse pulle. Le aiutanti di Mab giocano con loro, le guidano o provocano facendo rivivere loro paure e vecchie esperienze, condividendo sentimenti e sogni, entrando e uscendo dalle parti con elasticità e magia, in equilibrio tra metempsicosi e gioco.
Il delicato finale svela l’essenza, triste e dolce delle pulle: sono bambole, bambole svuotate. Che vorrebbero essere donne. E invece sono uomini con sogni e desideri di bambine.
Visto al CRT Teatro dell’Arte, Milano
Agnese Bellato