Carmelo Alberti, docente di discipline teatrali presso l’Università Ca’ Foscari e lo IUAV di Venezia, introduce la tematica protagonista della tavola rotonda (dal titolo Nuove drammaturgie: problematiche produttive e distributive) attraverso una serie di notazioni provocatorie e stimolanti, che squarciano i limiti della tematica, spaziando fino alla specificità dell’esperienza teatrale (con una bella citazione da Gillo Dorfles) e a contestualizzazioni artistiche recenti e contemporanee, oltre che sociali e culturali in senso più ampio. Fra le considerazioni, varie e trasversali, proposte dallo studioso, quella che accenna a come il teatro, unico luogo in cui è rappresentabile il presente, dovrebbe riflettere sul proprio passato, in primis su quello più recente: è un momento in cui le tante fertili e originali sperimentazioni d’avanguardia (sulla vocalità come sull’immagine) sembrano accantonate quando non addirittura proprio dimenticate in questi tempi di nuovi linguaggi.
Laura Barbiani, Presidente del Teatro Stabile del Veneto, nota come ai nuovi linguaggi si accompagnino spesso anche nuove storie e modi inediti di raccontarle: per drammaturgia “contemporanea” non si possono intendere esclusivamente le scritture originali recenti, ma anche le reinvenzioni legate a testi più datati. Al centro della riflessione, il ruolo del pubblico – protagonista che torna in questo e in gran parte degli interventi successivi – che deve rimanere sempre come urgenza primaria, all’interno del contesto dell’interpretazione della relazione fra scena e platea. Il teatro «rappresenta, è, provoca il presente», anche le istituzioni italiane, a differenza di quelle europee, non hanno fatto abbastanza per sostenere la creatività performativa nazionale. L’intervento si conclude con una domanda diretta a Pierluca Donin, Direttore di Arteven: che accoglienza potrebbe avere, nella nostra regione, la drammaturgia contemporanea? Anche per Donin è importante lavorare affinché non si spezzi la relazione fra teatro e pubblico e, anzi, segnala come l’arte scenica sia oggi molto più attuale, nei modi e nei temi, di altre tecnologie che in passato sembravano averla superata, come cinema e televisione: questi mezzi, infatti, pongono una barriera al pubblico, mentre il teatro, molto più vicino, in questo, ai new media web come blog e social network, offre uno spazio di dialogo in cui lo spettatore può essere a sua volta creatore e interprete. Alberto Bevilacqua, Presidente del CSS di Udine, si sofferma sulla contraddizione implicita nella definizione “Teatro Stabile di Innovazione”, fra stabilità e rinnovamento. Mentre Pierluigi Cecchin, Presidente de La Piccionaia di Vicenza, non trova contraddizione fra i due termini, che anzi, nella sua prospettiva diventano oggetto di spinte reciproche. Nel suo caso la relazione fra scena e platea è ancora più cruciale: parte delle attività della Piccionaia sono dedicate infatti al teatro ragazzi – peculiarità che, oltre a lavorare sulla formazione del pubblico di domani, ha provocato una formazione speciale per gli artisti che vi lavorano, che, a causa della particolarità del loro pubblico, hanno potuto ritrovare o reinventare modalità produttive inedite. L’intervento di Fabio Mangolini, Presidente di Teatro Comunale di Ferrara – Fondazione, apre a una prospettiva anche legislativa e amministrativa, offrendo un dettagliato e ampio panorama sulla normativa per lo spettacolo dal vivo e sulle sue forme di finanziamento. Mangolini rimanda alla parola “crisi”, che in lingua giapponese può avere due significati: oltre quello di crisi in senso stretto, anche di opportunità. Ciò significa, nel primo caso, che è importante continuare a resistere; ma è essenziale anche superare il concetto e la pratica della resistenza, in una progettualità capace di costruire anche senza quegli strumenti necessari che il sistema non è e non è stato in grado di offrire al mondo del teatro. Sempre a proposito del ruolo centrale del pubblico, nel contesto dei continui ripensamenti che un sistema particolare come quello delle arti sceniche richiede, Cristina Palumbo, Fondazione di Venezia, testimonia l’esperienza del progetto Giovani a Teatro: un percorso che lavora innanzitutto, in varie forme, sulla trasmissione dei saperi teatrali, fra laboratori e workshop che si muovono fra i diversi linguaggi e livelli della cultura teatrale, oltre che con la celebre iniziativa che permette ai giovani di vedere spettacoli a 2,50 euro. L’esempio della Palumbo è proprio sulla drammaturgia, protagonista di Il teatro in tempo di crisi: il progetto Declinazioni di drammaturgia, nella sezione Esperienze di Giovani a Teatro, è stato pensato per entrare nel mondo della scrittura teatrale contemporanea attraverso l’incontro con alcuni maestri del teatro e il loro lavoro. Questo percorso, aperto a tutti, è stato pensato come momento originario per l’avvio del laboratorio di drammaturgia Parole in forma scenica, quindi non come punto di arrivo o come rassegna autonoma, ma alla stregua di un innesco per inaugurare un percorso creativo. Le attività della Fondazione, infatti, si basano sulla convinzione dell’importanza di mettere in contatto autori e pubblico, artefici e giovani e ciò deve avvenire in modo sempre più quotidiano e ravvicinato. I cinquemila posti a teatro di Giovani a Teatro e le numerosissime richieste di partecipazione ai laboratori di Esperienze sono essi stessi un segno di riscontro non indifferente dell’impegno sul territorio della Fondazione. Labros Mangheras, Presidente di Tib Teatro, nota come alla esistenza di una nuova drammaturgia molto ricca vada affiancato il fallimento del sistema teatrale italiano che, dopo un ruolo cruciale nel dopoguerra, non ha saputo seguire le differenti evoluzioni della scena. La dimostrazione si trova, ad esempio, nelle categorie imposte dalla legislazione, in cui né artisti né operatori oggi si riconoscono. Il compito del teatro è, oggi, dunque, quello di rimettere coraggiosamente in discussione tutto. A chiudere il panorama di interventi della tavola rotonda, Angela Fiorella, responsabile del Servizio Teatri e Spettacolo del Comune di Venezia, che segnala le difficoltà di azione in un settore culturale in cui è continuamente necessario confrontarsi con logiche dai valori estremamente differenti, come il profitto, i costi, la competitività. Oltre alle molte linee condivise dalla gran parte degli interventi (come l’attenzione per il pubblico e la necessità di inventare nuove forme capaci di sostenere il teatro contemporaneo), in un dibattito finale emerge l’urgenza di creare connessioni e partnership fra le diverse strutture in campo, una sorta di “extra-sistema”, nel contesto di quella che Pierluca Donin definisce una «presa di responsabilità etica nei confronti del territorio».
Roberta Ferraresi