Testi d’oggi

Fibre Parallele - 2. (Due)

Attraverso quali traiettorie si può sviluppare oggi una ricerca drammaturgica? Il teatro di parola continua a parlare al pubblico o è rimasto ammutolito in un angolo della scena, complici decenni di ricerca (e di cultura) maggiormente orientata al visivo? Come si presenta un monologo all’epoca di facebook e del Grande Fratello, in cui il sé è in così tanti modi esplorato ed esposto?

La sezione Drammaturgie di B.Motion Teatro si può attraversare con interrogativi di questo tipo, che tentano di aprire varchi o di tessere reti fra quello che fino a qualche anno fa era considerato fra i più intoccabili tabù dalla ricerca scenica (il testo teatrale) e gli ambienti culturali che hanno promosso la diffusione di un’estetica legata più alla forza delle immagini che alla loro incarnazione in parola.

 

La rivoluzione registica, a inizio Novecento, si è realizzata e diffusa in parte proprio secondo interrogativi simili (sostituendo magari con il cinematografo e il feulletton i canoni mediatici di cui sopra): a difesa del testo e del suo autore, i teatri sono stati invasi e conquistati da un nuovo modo di pensare e agire lo spettacolo, ovvero da un coordinatore dalle svariate e imprecisate competenze, destinato a tirare le fila dell’opera e a cambiare per sempre i principi secondo cui si realizza la messinscena. Pochi decenni più tardi un’altra rivoluzione, altrettanto dirompente: è l’epoca della ricerca indipendente, della potenza dell’immagine e della poetica del gesto, dello sprofondamento nel processo e dell’apertura del prodotto – questi alcuni degli elementi con cui il teatro, dagli anni Sessanta, ha combattuto l’ormai vecchio teatro di regia e di parola, in nome di una ricerca più necessaria e più vicina alle urgenze dell’uomo pre- e post-sessantottino. Ora, dopo decenni di esplorazioni performative che – quando addirittura non lo hanno messo al bando – hanno fatto del testo un elemento fra gli altri (anche rinunciabilissimo) della messinscena e della ricerca, sembra che la questione drammaturgica sia tornata al centro delle pulsioni creative del teatro contemporaneo. Annunciata dall’esplosione del teatro di narrazione nei primi anni Novanta, mentre su altre scene si consumavano gli estremi del teatro-immagine, quella che è stata definita in più modi e che in questa sede preferiamo individuare come “text-renaissance”, in breve tempo si è imposta all’attenzione di artisti, critici e operatori. Ma se sui palcoscenici di tante sale si è manifestata attraverso risprofondamenti nell’ermeneutica testuale tout court, nel panorama della ricerca emergente si è proposta secondo impatti esplosivi, con conseguenze, sperimentazioni e invenzioni del tutto imprevedibili. Esemplare è, come in tanti casi, l’esperienza di composizione drammaturgica della Socìetas Raffaello Sanzio che, dopo percorsi legati allo svisceramento e alla rielaborazione di alcuni dei testi-cardine della cultura occidentale (dalla Genesi a Shakespeare), si è impegnata, dal 2002 al 2004 con Tragedia Endogonidia, in un progetto di creazione (anche testuale) del tutto autonomo.

Menoventi - Semiramis

Alcune delle linee più recenti ed emergenti di quello che è sembrato un ritorno al testo – ma che, come vedremo nei prossimi giorni, lo è solo in parte – si possono osservare all’interno della programmazione di B.Motion Teatro. La sezione Drammaturgie del festival si apre il 31 agosto con due monologhi tutti al femminile che accompagnano e fanno sprofondare lo spettatore negli abissi di due menti appartenenti a mondi differenti eppure legate da una follia per molti versi avvicinabile. Se Fibre Parallele, con 2. (Due), affronta la pazzia di una donna in una storia sospesa fra l’horror e il quotidiano, iper-realismo e surrealtà, Menoventi propone un affondo in uno dei più inquietanti personaggi del teatro occidentale, Semiramis. Le mitologie contemporanee legate al femminile – siano esse provenienti dalla grande drammaturgia europea o dalle altrettanto celebri cronache televisive – sono qui affrontate secondo un’urgenza originale, che sa unire la ricerca d’immagine alla sperimentazione testuale, l’incarnazione della parola all’esplosione visiva, facendo del rapporto maniacale con la realtà (comunemente quotidiana o del lavoro scenico) uno dei tratti distintivi dell’esperienza spettacolare. La dimensione visiva, in questi e altri progetti, è intimamente legata, quasi in simbiosi, al riverbero testuale, in un corto-circuito sensoriale di cui è difficile distinguere gli inneschi, siano essi di matrice teoretica (con la parola al seguito) o scatenati dall’incalzare verbale, che materializza di volta in volta i profili e le immagini protagonisti dello spettacolo.

Altra possibilità drammaturgica esplorata durante questi giorni di B.Motion si trova nella collaborazione, proposta dal festival, fra danz’autori e drammaturghi-registi, i cui esiti sono presentati sottoforma di primo studio:  Dreams Doubts Debts, che coinvolge Silvia Gribaudi e Giuliana Musso, è un progetto di teatro-danza civile destinato a raccontare le nuove povertà, mentre Ambra Senatore e Sandro Mabellini, con Nel lago, esplorano con ironia un classico dei classici del balletto.

In conclusione, una presenza ormai storica di B.Motion: Babilonia Teatri presenta, in anteprima, il nuovo lavoro The End, uno spettacolo sul tema della morte, concepito a partire dalla società dell’istante, che nega il passare del tempo e rifiuta l’invecchiamento. Caso esemplare delle potenzialità di incarnazione testuale, la compagnia ha dimostrato la varietà e la quantità delle possibilità legate alla parola in scena: frantumato in cori o trattenuto in monologhi, declinato in citazioni provenienti dagli ambiti più disparati dell’immaginario contemporaneo, il testo, nei lavori dei Babilonia, torna ad essere protagonista assoluto. Ma in questo, come negli altri casi appena citati, non si tratta certo di un semplice ritorno alla ricerca drammaturgica intesa in senso tradizionale: in ognuno di questi esempi (ma molti altri se ne possono trovare nei teatri di oggi) il testo conserva un rapporto eccezionale con la realtà, quella di ogni giorno che appartiene a tutti – con quegli exploit pop ormai celebri sui palcoscenici di tutta Italia – e quella del lavoro scenico sviluppata dalle compagnie. Mai a priori né tantomeno a posteriori, la drammaturgia contemporanea si mostra come un ibrido tra scrittura scenica, invenzione poetica e co-autorialità del pubblico, un mix fra processo e prodotto, forme e contenuti, che si è imposto all’attenzione negli ultimi anni, sapendo rinfrescare gli estremi della ricerca e rinnovare le modalità di relazione con il pubblico, e le cui declinazioni imminenti sono ancora del tutto imprevedibili.

Roberta Ferraresi

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