Quando si inizia un progetto non si sa bene quale sarà il percorso e soprattutto quando finirà; a maggior ragione se si comincia a lavorare ad uno spettacolo teatrale. Quando Massimo Munaro si imbarcò nel viaggio dell’Edipo – ormai quindici anni fa – lo fece partendo da alcune semplici intuizioni: Edipo doveva essere bendato e – ancora più importante – doveva essere uno spettatore.
A partire da questa prima immagine (avuta già nel 1995 durante un laboratorio propedeutico) il regista veneto iniziò un percorso volto alla ricerca intorno al mito d’Edipo per uno spettacolo pensato per un unico spettatore. Un esperimento ardito, aperto a tutte le persone che volessero prendervi parte: attori e studenti anche senza esperienza. Il laboratorio aveva come titolo EDIPO – I cinque sensi del teatro; per tre mesi il gruppo formatosi sotto la guida di Munaro iniziò un percorso del tutto nuovo – anche per il regista stesso – che si basava su una sperimentazione continua del fare e del sentire dell’attore. Coinvolgere una sola persona voleva dire cominciare da una relazione personale e profonda, una relazione uno a uno, dove uno è lo spettatore e uno sono gli attori; se egli “impersonava” Edipo, loro – che agivano con lui e per lui – avrebbero dovuto essere una cosa sola, un coro. Ciò che interessava veramente a Massimo Munaro era cambiare la relazione attore-spettatore e riportarla al grado zero; affidare ai sensi e alle emozioni una drammaturgia che non era fatta dalle parole ma piuttosto dalle reazioni della persona coinvolta. Far “vivere” il mito di Edipo – dall’uccisione del padre all’incesto con la madre – ad un unico interlocutore, completamente isolato dalla massa-pubblico che protegge e intorpidisce l’individualità, metteva a dura prova gli attori. Per questo il processo di lavoro e la creazione dello spettacolo si basarono su un principio di Ascolto-Adeguamento-Dialogo: una vera e propria tecnica che il gruppo andò imparando tentativo dopo tentativo, sperimentandola dapprima sul regista – che guidava gli attori da dentro l’azione – poi sugli attori stessi a turno.
Tre mesi di ricerca, confronto, dialogo e riflessione portarono alla nascita di uno degli spettacoli storici di Teatro del Lemming. Quindici anni fa era raro avere a che fare con spettacoli per un pubblico così ristretto – oggi ormai diffusi seppur molto lontani dall’esperienza di questo gruppo – e soprattutto era raro che il coinvolgimento fosse totale sia a livello sensoriale che fisico e psicologico; fu così che Edipo esplose e che la poetica della compagnia di Massimo Munaro si delineò e diede vita alla Tetralogia dello spettatore: una serie di spettacoli incentrati a rivalorizzare e approfondire questa prima esperienza. Edipo divenne lo spettacolo-manifesto della compagnia e continua ed essere rappresentato ogni anno fino ad oggi.
Ma il ciclo vitale di questo lavoro non finisce qui e con il 2011 la compagnia approda ad un nuovo traguardo: trasmettere l’esperienza e condividerla. Sostenuto dalla Fondazione di Venezia, nell’ambito del progetto Giovani a Teatro, il percorso si amplia e diviene l’Edipo dei mille. Tra febbraio e marzo sono stati selezionati trenta attori – a seguito di due laboratori propedeutici – che porteranno in scena Edipo in cinque luoghi differenti per dieci giorni consecutivi. Questo implicherà il coinvolgimento di circa 1000 spettatori in poco più di un mese (oltre a Venezia e Mestre saranno altre le città “occupate”). Tra i luoghi interessati: la Torre in piazza Ferretto, il Teatro Momo e il Teatro Poli a Santa Marta.
«L’azione di pochi è in grado di produrre grandi trasformazioni», sono le parole di Massimo Munaro: come per gli uomini di Garibaldi, anche ai giovani che parteciperanno spetta un’impresa altrettanto ardua, trasformare l’utopia di Edipo in un atto concreto. Nell’era della comunicazione di massa, dello spettatore passivo e narcotizzato, questa azione spettacolare si pone uno scopo preciso: portare il tragico e la catarsi di un atto teatrale – inequivocabilmente forte – ad un ampio numero di spettatori, coinvolgendoli con una partecipazione attiva e senza alcuna mediazione in un avvenimento che ha tutte le carte per essere considerato una prima scintilla per un’epidemia teatrale.
Camilla Toso