Lo ricordava Declan Donnellan all’incontro che ha tenuto a Ca’ Giustinian: è molto importante essere curiosi, prima della «creatività viene la curiosità».
Mi approprio di questo pensiero del maestro inglese – rivolto a giovani attori, ma estendibile a tutti – per tentare di avvicinarmi, con prudenza e un briciolo di leggerezza, alle Residenze della Biennale Teatro, che si stanno sviluppando in concomitanza ai laboratori.
Venezia ospita infatti quattro giovani formazioni provenienti dai workshop delle precedenti edizioni: gruppi nati per affinità di interessi e di poetica, volti alla condivisione di un percorso e, più nello specifico, di un progetto artistico. Parlo di curiosità per l’interesse che questa realtà fa scaturire, relegando al connubio tra prudenza e “leggerezza” la rintracciabilità di un’influenza artistica – una sorta di lascito – del maestro a questi gruppi.
Mentre due compagnie stanno lavorando negli spazi del Teatro Junghans, incontro le altre due formazioni ospitate nella Sala Prove e nella Sala Concerti del Conservatorio “Benedetto Marcello”: sono The Moors of Venice alle prese con Propaganda; e il gruppo coordinato da Carlota Ferrer impegnato in Swimming B.
Trascorro alcune ore – poche, quanto la brevità di quest’esperienza – in sala prove con gli artisti, cercando di non essere una presenza inopportuna e inserendomi quasi in “punta di piedi” in un processo così delicato di creazione.
Se svanisce da un lato l’idea che legava e restringeva il percorso personale di questi ragazzi al nome del regista del laboratorio, come alla ricerca di segni distintivi di un “superficiale” passaggio di testimone da maestro a allievo, resta saldo l’interesse rispetto al processo e alla sperimentazione che questi giovani autori possono apportare al contemporaneo panorama performativo. Ad ognuno di loro è lasciata la libertà di organizzare a proprio modo il lavoro di questi giorni di residenza: così se da un lato The Moors of Venice, il gruppo guidato da Fèlix Pons si approccia alla messinscena di Propaganda in maniera più consueta, strutturando inoltre il progetto in più parti – ovvero proposte specifiche partite da singoli individui – è un vero e proprio work-in-progress Swimming B. L’approccio alla creazione messa in gioco da Carlota Ferrer, Emmanuelle Moreau, Nicolas Wan Park e Francesca Tasini è indicativo di una predisposizione alla condivisione, la medesima che può aver portato alla formazione del gruppo; un bagaglio di singole esperienze, emozioni e specificità intese come punto di partenza per un lavoro collettivo.
L’interrogazione diffusa che sorge sulla durata di quest’esperienza, forse limitata nel tempo rispetto alle necessità di una continuità creativa, riguarda intrinsecamente anche tutti i laboratori e certe pratiche di formazione. Ma osservare il lavoro di questi ragazzi, e cogliere dalle loro parole il riconoscimento dell’opportunità che la direzione artistica di Àlex Rigola sta loro offrendo, lascia sperare che simili percorsi formativi possano comunque essere momenti significativi nel sostegno alla giovane creatività.
di Elena Conti
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