Giovedì 18 luglio: al Lavatoio di Santarcangelo sono stati proclamati i vincitori del Premio SCENARIO 2013.
Nei due giorni precedenti molteplici e sfaccettate riflessioni hanno impegnato il numeroso pubblico della Finale: compiacimenti, perplessità o disappunti – ad alta o bassa voce – sono stati espressi su ognuno degli 11 lavori giunti all’ultima tappa del Premio ospitata da Santarcangelo •13 Festival Internazionale del Teatro in Piazza.
Così accade che, conosciuto l’esito, il pensiero non resista alla tentazione di far proprio quel (perverso) legame che accosta i lavori visti – vincitori e vinti – ai volti di professionisti e amatori che hanno trascorso le due giornate tra il Teatro Petrella di Longiano e il Lavatoio, desiderosi di scoprire in che direzione stia andando il teatro contemporaneo e quali siano i “nuovi linguaggi per la ricerca e per l’impegno civile”, così come recita il sottotitolo del Premio.
La risposta sembra giungere senza esitazione: i progetti vincitori saranno lavori che non lasceranno l’amaro in bocca al pubblico di festival e stagioni teatrali. Parole che non sottendono alcuna accezione negativa, bensì un augurio e anche una constatazione rispetto alle decisioni della Giuria (presieduta dall’attore e regista Arturo Cirillo e composta da Isabella Lagattolla del Festival delle Colline Torinesi, da Rodolfo Sacchettini condirettore del festival ospitante e da Stefano Cipiciani e Cristina Valenti dell’Associazione Scenario).
Venendo ai protagonisti, i vincitori sono i Fratelli Dalla Via (i vicentini Diego e Marta) con il progetto Mio figlio era come un padre per me, una tragedia che utilizza un registro ironico attraversato da luoghi comuni del veneto pensiero per trattare una crisi economica, sociale e generazionale. Dal “tedio domenicale” – Cccp, docet – intonato in apertura di spettacolo, i due fratelli meditano il proprio suicidio sostenendo che, essendo i figli i simboli dei padri, il fallimento più grande per il loro genitore, imprenditore «nato povero e divenuto ricco», risiederebbe nella perdita del figlio.
M.E.D.E.A. Big Oil di Collettivo InternoEnki è il progetto vincitore del Premio Scenario per Ustica. Dalla rilettura del mito di Medea, Terry Paternoster, alla guida del gruppo, presenta un lavoro corale di una forza struggente e dalle tematiche contemporanee: la Basilicata odierna. Maria-Medea, donna e madre lucana legata alla sua terra, è vittima e carnefice insieme. Tra il coro-popolo costituito dagli attori del Collettivo ci sono i suoi due figli, costretti in un paese sfruttato da grandi compagnie petrolifere come l’ENI che se da un lato forniscono opportunità lavorative, dall’altro portano distruzione e morte.
Le due segnalazioni speciali previste dal Premio sono andate al poetico W (prova di resistenza) di Beatrice Baruffini e al progetto trenofermo a-Katzelmacher di nO (Dance first. Think later). Il primo lavoro si sviluppa nella delicatezza della cantastorie parmense che fa del teatro d’oggetti lo strumento drammaturgico per raccontare gli scontri del 1922 a Parma. Ai mattoni forati – proprio i laterizi utilizzati in edilizia – è consegnato il compito di interpretare gli uomini della Resistenza che innalzarono barricate per difendersi dall’aggressione dei fascisti. trenofermo a-Katzelmacher invece vede sul palco del Lavatoio dieci attori, o meglio «20 occhi, 10 teste, 9 cafoni e uno straniero» impegnati nella messinscena della “sindrome del branco” con un linguaggio immediato e popolare, anche se alla ricerca di un ulteriore sviluppo nella struttura corale.
Una menzione speciale è andata infine al progetto della senese Elisa Porciatti (autrice e attrice) che con Ummonte ha fornito un ritratto metaforico della sua città, carico di tutte le contraddizioni e i condizionamenti indotti dalla presenza incombente di una realtà finanziaria come il Monte dei Paschi di Siena.
Tra i progetti non segnalati, pulsa l’energia e la ricerca teatrale presentata da Silvia Costa e Giacomo Garaffoni in Quello che di più grande l’uomo ha realizzato sulla terra e della destabilizzante alice disambientata di Ilaria Dalle Donne che, giunte in Finale al Premio Scenario, divengono espressioni rappresentative di un «Veneto che ruma» – in un’esclamazione rubata a uno spettatore. Non fa di meno Valerio Malorni con L’uomo nel diluvio – di cui ne porta testimonianza la Lettera aperta per un teatro urgente pubblicata a cura della Redazione di Teatro e Critica – per il puntuale affondo in dinamiche sociali e professionali che per l’autore e attore romano trovano risonanza nella messinscena dell’ultimo spettacolo: la nostra vita.
Elena Conti