“Facciamo che il tempo libero diventi tempo liberato”, recita lo slogan del Festival del proletariato giovanile che si svolge nel 1971 a Ballabio e nel 1972 a Zerbo. Nel triennio 1974-1976 la “festa dei giovani” arriva a Milano, presso il Parco Lambro, nel terrore diffuso della città, e vede la partecipazione di migliaia di persone. Raduno pop organizzato dalla rivista “Re nudo” (che nasce nel 1970, fondata da Andrea Valcarenghi e da un gruppo di giovani intellettuali e artisti milanesi, prosegue la sua attività fino al 1980, per venire poi rifondata nel 1996). Sul palco del festival – concepito sul modello dei grandi raduni giovanili americani ed inglesi di quegli anni – si esibiscono dalla PFM agli Area a Demetrio Stratos, da Battiato (che oggi fa parte del comitato redazionale della rivista rinnovata nel 1996) a Branduardi a Alan Sorrenti a Eugenio Finardi.
“- Ma se non ha niente addosso! – disse un bambino. – Signore Iddio! La voce dell’innocenza! – disse il padre, e ognuno sussurrava all’altro quello che aveva detto il bambino.” (Andersen, I vestiti nuovi dell’imperatore)
“Il re è nudo” è un modo di dire di uso corrente che vuole sottolineare un fatto evidente del quale nessuno ha il coraggio di parlare. Uno dei fatti evidenti di cui, all’inizio degli anni Settanta, la rivista promotrice del festival parla è l’emersione della controcultura italiana che nasce in antitesi con la cultura di massa e si caratterizza da subito come giovanile, una “cultura adolescenziale” (dirà Edgar Morin), un certo “infantilismo sociale” (rileveranno Luc Ferry e Alain Renaut). La cultura di massa poggiava le sue basi sul sincretismo tra reale e immaginario (l’immaginario mima il reale e il reale assume i colori dell’immaginario) per favorire, aiutata dai nuovi media, la ricerca di una massimizzazione dei consumi. La controcultura si schiera contro questa cultura dominante, percepisce i rapporti come conflittuali, ricerca riti di passaggio non imposti dall’esterno, si vanta dell’indeterminatezza della propria personalità sociale, riscopre il corpo, problematizza e critica i valori diffusi al grido: “L’immaginazione al potere”, cerca e crea comunità.
Contro la sinistra extraparlamentare e la sua mancata considerazione della musica pop e rock emergente, la rivista “Re nudo” organizza il Festival del proletariato giovanile per diffondere il progressive, il punk, in sintesi, quella “musica ribelle che ti vibra nelle ossa che ti entra nella pelle” (Eugenio Finardi, Musica ribelle). Al fianco dei concerti, fulcro dell’evento, anche proiezioni di film e performance teatrali o para-teatrali, perlopiù, sintomo di una volontà di espressione nuova.
La jam-session che chiude l’evento, nel giugno 1976, prosegue, nella smobilitazione generale, fino all’alba. Il Festival aveva subito diversi attacchi – dalla polizia e da forze più o meno estremiste interne al variegatissimo “proletariato giovanile” che di sinistre ne aveva tante. Il Festival non venne più replicato e, come spesso accade e accadeva soprattutto in quegli anni, il sogno della super-comunità allargata e libera andò alla ricerca di altri luoghi, tempi e circostanze di espressione.
Forse, l’Immaginazione al potere, in un periodo storico in cui si contestano tutti i poteri dominanti, è un ossimoro che afferma ciò che vuole negare. In ogni caso, l’evento ha avuto luogo, è successo, qualcosa è avvenuto “stando insieme”, nell’esaltazione e nell’euforia dell’uguaglianza e della libertà di espressione.
Leggi la Time-machine 70s sulla Settimana della performance (giugno 1977)