A partire dalla lettera aperta di Anna Giannelli – che invitava tutti gli artisti a nominare i loro Maestri per individuare i candidati al Premio Nico Garrone – la redazione inizia una piccola indagine tra gli artisti e gli operatori presenti al festival, per scoprire come è mutata la figura del Maestro e chi oggi viene riconosciuto come tale.
Fin dall’antica Grecia la figura del Maestro aveva un posto fondamentale in tutte le arti, dalla filosofia alla poesia, dalla musica alla retorica: ovunque vi erano dei giovani disposti ad ascoltare, vi era qualcuno che condividesse e insegnasse il suo sapere e viceversa. Nei secoli in cui si è formata la cultura europea, agli albori della classicità, i Maestri erano i portatori del sapere comune – una tradizione strettamente legata ad una pratica orale. L’oralità e l’insegnamento andavano di pari passo. I sapienti, coloro che reggevano le redini della memoria, avevano la responsabilità di far apprendere e trasmettere il bagaglio culturale ai loro discepoli; è così che sono nate le scuole e le accademie. Ma il concetto di Maestro non è sempre stato legato all’arte della pedagogia e della formazione, nei secoli successivi è mutato ed è stato utilizzato nelle accezioni più varie: dal francese Maître onnipresente dalla tarda antichità ad oggi, al tedesco Meister derivato dalle gilde universitarie medievali. Il suo significato è andato espandendosi ai grandi pensatori ed intellettuali che con il loro operato hanno cambiato la cultura europea e non solo. Questo appellativo a tutt’oggi si riferisce piuttosto ad una concezione più ampia di “trasmissione del sapere”, un sapere che può essere considerato anche esperienziale oltre che esistenziale. Per quanto riguarda il panorama teatrale, nell’ultimo secolo abbiamo visto definire con questo titolo registi, attori, scenografi, critici e drammaturghi da Stanislavskij a Grotowski, da Wagner a Brook. Negli ultimi anni moltissimi intellettuali, considerati i Maestri del Novecento, sono scomparsi, lasciando quella che pensavamo essere la loro contemporaneità in bilico e alla ricerca di nuove guide.
Questo grande vuoto spinge infatti a interrogarsi intorno alla figura del maestro, così labile eppure così necessaria. I confini della teorizzazione e dell’insegnamento sono stati travalicati, la trasmissione del sapere è sempre più legata a quella dell’esperienza. La vita, la poesia e l’arte si intrecciano in modo indelebile nelle arti della scena, dove i più grandi insegnamenti avvengono giù dal palco. Quali sono i Maestri di oggi e che cosa li caratterizza?
È proprio ispirandosi alla lettera di partecipazione del Premio Nico Garrone – che invitava gli artisti a nominare quei Maestri che «lungo il vostro percorso vi hanno aiutato a crescere, figure particolarmente disponibili, capaci di ascoltare, di mettersi a confronto con generosità» – che la nostra redazione proverà ad approfondire questa tematica, con interviste e sondaggi per scoprire dai diretti interessati chi e perché ha cambiato il loro percorso artistico.
Sempre più, infatti, questo spostamento dall’apprendimento all’esperienza sta caratterizzando la scena italiana: molti sono i collettivi e gli artisti che possiamo definire self-made – cresciuti con laboratori o workshop – che sempre più attingono da tutte le arti senza seguire mai veramente una scuola. Questa contingenza dell’auto-formazione ha spostato anche il concetto di Maestro, facendolo coincidere con coloro che sono direttamente interessati al fare artistico e che lo costeggiano supportandolo, creando contesti creativi, spazi di residenza, reti di rapporti e relazioni, spazi di dialogo e confronto. La pratica sta sostituendo la teorizzazione? Potrebbe essere una delle future prerogative del “Maestro di domani”, lo scopriremo in questi giorni di festival a Radicondoli.
Camilla Toso