Questo contenuto fa parte di unLOCKable. Una rassegna stampa corale
Tra le cose che sono riuscito a leggere mi risulta “caro” questo discorso dello scrittore cinese Yan Lianke, tenuto online il 21 febbraio agli studenti della Hong Kong University of Science and Technology il giorno dell’apertura delle lezioni, che “il Manifesto” ha pubblicato con il titolo I nostri corpi e le voragini della Storia.
C’è, nella scelta, una motivazione anche di carattere personale. Ci sono dei passaggi molto belli che sprofondano la memoria nell’intimo della singolarità e come proprio a partire da tale singolarità sia possibile frantumare la coltre nebbiosa dell’assenza o sottrazione di una memoria che si fa comune. Come la smemoratezza ci renda inabile non solo alla nostra semplice vita pratica, ma ci metta nell’impossibilità di costruire trame e narrazioni individuali e condivise.
Come pedagogo, e da persona che si occupa di cultura e di teatro, non ho potuto fare a meno di cogliere alcuni aspetti, tra i tanti avvincenti che mi hanno colpito. Ne cito alcuni per restituire il senso più generale. Riporto soprattutto le domande, gli interrogativi che si pongono socraticamente:
- “Per quale motivo sono i corpi della gente comune a dover colmare le voragini della storia e le nostre vite a doversi accollare il fardello delle disgrazie della nostra epoca?”
- “Tra i tanti, tanti fattori di cui non siamo a conoscenza, su cui non facciamo luce, o sui quali non solleviamo alcun quesito se non ci viene permesso, ce n’è uno che mi sta particolarmente a cuore: in quanto esseri umani – migliaia di persone insignificanti come formiche o grillotalpe – siamo fin troppo privi di memoria…”
- “Nella nostra insignificanza di piccoli granelli di polvere in balia del vento, non ci è permesso né di sapere chi è il regista, né tantomeno abbiamo le conoscenze professionali per ricostruire le idee, il pensiero e il processo creativo dello sceneggiatore. Quindi, adesso che ci troviamo di nuovo dinanzi al dramma della morte, possiamo almeno chiedere dov’è finito il ricordo dell’ultima tragedia?”
- “Chi ha cancellato la nostra memoria? Chi ha strappato i nostri ricordi?!”
- “Coloro che non hanno memoria sono, in sostanza, pezzi di tronco e assi di legno ormai privi di vita. Il loro futuro, nella forma e nell’essenza, viene sancito dalla sega e dalla scure”.
- “Se anche noi rinunciamo alla memoria individuale, che come linfa vitale ci scorre nelle vene, che senso ha continuare a scrivere? Che valore potrà mai avere la letteratura?”
- “A che servono gli scrittori nella nostra società?”
- “È la soglia minima per poter pronunciare qualche frammento di verità. Soprattutto voi, ragazzi, che studiate per diventare scrittori, tenete presente che la memoria è alla base della scrittura, un processo creativo volto alla ricerca del vero. Se anche noi un giorno non dovessimo più alimentare quello stralcio di verità e quel barlume di memoria, a quel punto avrà ancora senso parlare di verità individuale e veridicità storica?”
- “A dire il vero, anche se la memoria individuale non cambierà il mondo o la realtà dei fatti, se non altro dinanzi a una verità unificata e pianificata, potremo sempre sussurrare a fior di labbra: ‘Le cose non stanno in questi termini!’”.
- “Non sarà la memoria individuale a cambiare il mondo, ma se non altro ci permette di avere un cuore autentico”.
Si potrebbe richiamare l’angelo di Klee, di benjaminiana memoria, dove le macerie del “passato” da redimere sono proprio gli istanti delle memorie perse o sottaciute, che aprono a quella dimensione “critica” che squarcia il pesante velo dell’eterno presente per scorgere altre costellazioni di senso. Mi chiedo se non sia questo il compito che ancora una volta dobbiamo assumere su di noi.
Francesco Scaringi
direttore Città delle Cento Scale Festival
4 giugno 2020