Recensione a IL CASTELLO DI HOLSTEBRO II – Julia Varley / Odin Teatret
“Non puoi tornare indietro, perché la vita ti incalza, come un grido senza fine” dice Julia Varley ne Il castello di Holstebro II, con la regia di Eugenio Barba – spettacolo originariamente del 1990, scritto e interpretato dall’attrice inglese. Ma forse il passato può restare accanto, come nel caso di Mister Peanut: la creatura con la testa di teschio con la quale l’attrice condivide da sempre la scena in questo spettacolo, e che ha caratterizzato il suo percorso con L’Odin.
Mr Peanut, in questo lavoro, è una presenza da lei inscindibile: ad inizio spettacolo l’attrice gli dà vita nascosta sotto le spoglie di un alto uomo – Morte in frac nero. Solo emergendone gradualmente se ne separa: srotola una gonna da sotto il panciotto, toglie i pantaloni lasciando apparire scarpe col tacco ed eleganti caviglie di donna. Da una graziosa danza dell’ibrido spettrale, ecco, spogliata anche della parte superiore del costume, nascere la protagonista. La relazione tra marionetta ed interprete è fondamentale, a tratti simbiotica, d’amore e tenerezza. I due protagonisti a volte dialogano, ma sono uniti: costume e corpo si fondono in un costante gioco di trasformazione tra i due personaggi che da stessa persona diventano amanti, poi madre e figlio, infine complici amici.
In un flusso di storie e brevi racconti che scorrono seguendo una sequenza apparentemente illogica, si sviluppa una narrazione composta di sogni, pensieri di una donna – bambina che racconta, balla e canta: dando vita a visioni, a spettri. Corpo e voce danno concretezza a queste immagini, ma al contempo nutrono le molte atmosfere oniriche di vibrazioni irreali e suggestive.
Con dolcezza e ironia, a tratti macabra, ma rimanendo candidamente ingenua, l’attrice riporta nuovamente in scena la forza delle immagini e dei suoni che vivono ne Il castello di Holstebro, mostrando a chi non la conosceva, la sua eleganza, pacatezza e la sua forte energia.
Agnese Bellato