Recensione a Il silenzio di Dio – progetto di Silvio Castiglioni, produzione Celesterosa e I Sacchi di Sabbia.
Silvio Castiglioni porta in scena Il silenzio di Dio, un progetto in due atti. Il primo, Casa d’altri, è tratto dall’omonimo racconto di Silvio D’Arzo, il secondo Domani ti farò bruciare è ispirato invece al capitolo Il grande inquisitore de I fratelli Karamazov di Dostoevskij.
In scena solo tre microfoni ad asta e rigido, in piedi, vestita di lungo abito ecclesiastico, la figura di un eccessivamente alto prelato echeggia quella del vicario de La monaca di Monza rappresentata nel ’67 da Luchino Visconti. Da lassù, posizione privilegiata, il funzionario di Dio, consiglia, giudica o lascia correre, esercitando la sua professione di sacerdote in un piccolo paese di montagna. Tutto procede senza intoppi fino a quando una vecchietta lo pone di fronte a una domanda a cui egli non può rispondere: e se lei volesse uccidersi? Il tema del suicidio visto con gli occhi di un’anziana signora, stanca delle fatiche quotidiane e spaventata dal protrarsi della vecchiaia, cammino in salita verso la morte, ci appare qui in tutta la sua drammaticità.
Ad essa fa da contraltare lo spregiudicato cinismo di un demone, protagonista del pezzo successivo. Il seguace di Lucifero, intraprende una sagace invettiva contro Gesù Cristo accompagnata dalla comicità con cui cerca di gestire il prorpio corpo, dal fare legnoso, che gli sfugge continuamente. Lo accusa di aver abbandonato gli uomini a se stessi, di aver voluto dare loro la libertà, senza farsi carico del rischio che questa decisione comportava, d’aver deciso per loro ma senza conoscerli, perché se li avesse conosciuti avrebbe capito che, tanto deboli quanto sono, così agendo, li avrebbe condannati, non certo salvati. Ciò che facilmente accomuna i due testi è la mancanza di una risposta “dall’alto”, ma interessante è il loro accostamento anche nel momento in cui questo porta a rileggerli uno in funzione dell’altro. Ed è allora che ci si accorge di come entrambi facciano riflettere, partendo da presupposti diversi, principalmente su due aspetti.
Da una parte l’inadeguatezza della Chiesa e del mondo religioso, da sempre troppo distante dalla vita reale per comprenderne difficoltà ed esigenze, dall’altra il libero arbitrio, strumento che ci rende sì liberi di scegliere, ma che al tempo stesso ci incatena alla logica per la quale unici colpevoli dei nostri peccati saremo sempre e solo noi. Un’arma a doppio taglio che, rende decisamente ostico il rapporto tra umano e divino. Mirabile prova d’attore di Castiglioni che, sebbene parta sotto tono in entrambi i pezzi, poi recupera ritmo e riesce a catturare l’interesse degli spettatori, mostrando anche un’estrema capacità di controllo corporeo, tanto nella ricerca dell’immobilità in posizioni innaturali, quanto nella mimica contorta e nella gestualità scomposta, attentamente studiata, che caratterizzano la sua interpretazione del demone.
SaraFurlan