Mala Magna Grecia

Recensione a U Tingiutu – un Aiace di Calabria – Scena Verticale

foto di Claudia Fabris

foto di Claudia Fabris

Aiace, Achille, Agamennone, Ulisse: questi i nomi dei protagonisti di U Tingiutu, di Scena Verticale, spettacolo andato in scena ieri sera al Bastione Alicorno in prima nazionale. Ma nessuna tragedia greca in versi accademicamente recitati: Dario De Luca, ideatore, drammaturgo e regista del lavoro, scaraventa l’antico mito Sofocleo nella Calabria corrosa dalla ‘ndrangheta. Sangue, onore e cocaina sono i veri protagonisti. Sgarri e vendette si susseguono all’interno di un’agenzia di pompe funebri che è anche sede di una cosca mafiosa.
La particolare costruzione drammaturgica, fortemente cinematografica – con un inizio in flashback e alcuni salti temporali -, accattiva il pubblico che – nonostante alcune difficoltà di incomprensione per l’uso del dialetto calabro – segue con trasporto questa ennesima storia di malavita. Pur intravedendola, perché, esclusa la prima scena, la quarta parete è chiusa per tutto lo spettacolo da tende veneziane. Questa tragedia moderna è sotto gli occhi di tutti ogni giorno, ma in molti devono, o vogliono, far finta di non vedere. E così lo spettatore si ritrova come ‘al sicuro’ aldilà delle tende, lontano da quel mondo che non gli appartiene, ma non può non lasciarsi coinvolgere emotivamente. Forse un assaggio di quella maledizione che, scrive De Luca, «in Calabria si chiama “contiguità”. Quella cosa terribile che costringe onesti e disonesti, mafiosi e non mafiosi a vivere fianco a fianco».

foto di Claudia Fabris

foto di Claudia Fabris

In questo racconto, oltre alle efficaci musiche originali composte da Gianfranco De Franco e Gennaro “Mandara” de Rosa, una radio accompagna le truci vicende, cantando canzonette di Pupo, Vasco e Morandi. E proprio le prime battute di una canzone di Morandi – Un’anno d’amore – assumono improvvisamente, sull’immagine della strage finale, un significato altro, che spiazza: «uno: non tradirli mai, han fede in te» – come se fosse il primo, sacro, comandamento dei clan mafiosi.

Grazie anche ai suoi colleghi di scena (Rosario Mastrota, Ernesto Orrico, Fabio Pellicori, Marco Silani) – tutti decisamente all’altezza dell’impresa con un’interpretazione autentica, De Luca costruisce, con una regia semplice e genuina, quasi un film neorelista. Un bel film, che punta la macchina da presa negli angoli più bui della terra calabra, mettendo a fuoco delle verità scomode che tutti sanno e tacciono. La tragedia, così, si svuota degli eroi per narrare le vicende di una Magna Grecia tristemente più attuale, vivente, straziata da omini che non hanno decisamente nulla di eroico.

Silvia Gatto

 

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