Recensione a Interrogations – Yoshi Oida
In moltissimi, ieri sera, hanno raggiunto il Bastione Alicorno per farsi “interrogare”da Yoshi Oida, indiscusso maestro della scena teatrale internazionale. Sono trent’anni che l’attore-regista giapponese gira il mondo proponendo ai suoi spettatori domande assurde ed illogiche, insieme al musicista-fisico tedesco Dieter Trüstedt, che riesce a creare una ‘colonna sonora’ con gli strumenti e gli oggetti più disparati, e, con la sua presenza discreta, completa il quadro essenziale dell’allestimento.
Interrogations, presentato in prima nazionale in una nuova versione, prende ispirazione dai Koan, quesiti antichissimi che i maestri dei monasteri Zen pongono agli allievi come esercizio di meditazione. Il clima dello spettacolo è molto lontano dal silenzio rispettoso di quei luoghi, anche se molti sono i momenti in cui Oida regala al pubblico, giocando con quattro sottili bacchette di bambù, performance dal sapore orientale, offrendo un sublime esempio di controllo perfetto del corpo e di racconto gestuale. Ma l’aspetto spirituale dei quesiti è accantonato a favore di una rilettura di questi testi in chiave beckettiana. Come ammette, infatti, lo stesso interprete, i Koan hanno suscitato in lui grande interesse proprio per il loro carattere straniante: la stessa forza che ritrova nei testi di Beckett o Ionesco, ma in versione nipponica.
Per esempio, mostrando il dorso della mano, chiede: “questo è il dritto o il rovescio?”.
Non sono importanti le risposte, ma le domande: esse creano il legame, ludico ma forte, tra attore e spettatore. I quesiti sono il filo che unisce i partecipanti all’evento, sono lo strumento che fa scaturire la condivisione di un pensiero. Oida trasporta lo ‘spazio vuoto’ di Peter Brook nella drammaturgia, dove sono le parole stesse a stimolare l’immaginazione e la creatività degli spettatori. In totale libertà perché non c’è una risposta giusta, determinando, così, un clima di spensierata e piacevole partecipazione.
Yoshi Oida, passando dal francese, tradotto in tempo reale da Rosaria Ruffini, a frasi in italiano stentato, recitate con chiara autoironia, costruisce uno spettacolo di difficile descrizione. Forse, come gli allievi dei monasteri Zen che meditano sulle risposte ai Koan, molti impiegheranno anni per capirlo davvero, altri probabilmente non lo capiranno mai. Ma tutti ricorderanno di aver condiviso la rara piacevolezza di un’ora senza regole e logica. Perché, come dice Oida, “ogni giorno conta. Anche oggi”.
Silvia Gatto