Raccontando Baghdad

 Foto di Alvise Nicoletti

Foto di Alvise Nicoletti

Recensione a Polvere di Baghdad – regia di Maurizio Scaparro

Una leggera coltre di polvere si solleva da una città sepolta da anni di guerre e oggi romanticamente recuperata dalla regia di Maurizio Scaparro. Una Baghdad insolita, o meglio dimenticata: una città da cui non si respira solo distruzione ma antiche storie e speranze. La potenza evocativa della parola e dell’oralità diventa protagonista in uno spettacolo che cerca di riportare lo spettatore a quell’atmosfera magica dal fascino orientale, a quel sussurro sognante che purtroppo non appartiene più alla vita attuale della capitale irachena.

Con Polvere di Baghdad, debuttato al Teatro Piccolo Arsenale di Venezia, passato e presente si intrecciano e convivono attraverso il doppio lavoro drammaturgico del poeta Adonis e del giornalista Massimo Nava. Il letterato libanese si è concentrato sulla struttura narrativa, basata su una successione di storie fantastiche che appartengono alla tradizione mediorientale: attraverso le parole di Massimo Ranieri, nei panni di un cantastorie in viaggio, vengono rievocati infatti alcuni personaggi noti, come il marinaio Sindbad o la bella Shaharazade. Se Adonis fornisce uno sguardo poetico allo spettacolo, il cronista Nava – che è stato per diverso tempo corrispondente da Baghdad per Il Corriere della Sera – offre invece dei frammenti di un presente decadente, che interrompono l’atmosfera sognante e diffondono un malessere difficile da superare: un presente che purtroppo deve fare i conti con un pesante bollettino di morti.

Foto di Alvise Nicoletti

Foto di Alvise Nicoletti

Morti causati da una guerra che succhia a una terra, un tempo riconoscibile per i suoi giardini fioriti e la sua cultura, tutta la linfa vitale restituita a sprazzi non solo dai racconti di Ranieri o degli altri attori che ne danno voce, ma anche dai passi danzanti di Eleonora Abbagnato – la prima ballerina dell’Opéra di Parigi che per l’occasione veste i panni di una donna mediorientale, di Shaharazade e di Budur – che si fanno sempre più concitati e si sostituiscono alle parole. Ma quel momento di spensieratezza e felicità viene subito interrotto dal rumore di elicotteri che sorvolano il cielo di Baghdad: di forte impatto la scena in cui tutti, rivolti con le spalle al pubblico, sollevano la propria scarpa per lanciarla, in segno di rivolta, ricordando la più recente cronaca e precisamente la figura del giornalista iracheno arrestato per aver lanciato il suo calzante contro l’ex presidente statunitense Bush.

Il percorso iniziato con il progetto C’era una volta durante MediterraneoLaboratorio Internazionale del Teatro2008 nell’ambito della39° edizione della Biennale di Venezia, trova qui la sua conclusione, mostrando come la settimana di studio passata su quello stesso palco sia stata fondamentale per realizzare Polvere di Baghdad. Lo spettacolo mantiene infatti alcune soluzioni registiche pensate durante il laboratorio: peccato aver visto recitare solamente alcuni dei ragazzi, come Francesco Wolf o il bravo musicista di setar Pejman Tadayon, che avevano preso parte a C’era una volta. Senza di loro lo spettacolo di Scaparro non sarebbe stato lo stesso, proprio come il nostro presente, arricchito ogni giorno dalla magia e dai sogni delle storie passate che si continuano a narrare.

Visto al Teatro Piccolo Arsenale, Venezia

Carlotta Tringali

 

 

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