Recensione a Il banchiere anarchico – regia di Marina Spreafico
Flusso di persone all’entrata: il pubblico si accomoda su rigide sedie nere e, senza quasi badarci troppo, si trova seduto attorno ad un tavolo, sotto ad un lampadario in vetro bianco in perfetto stile rococò veneziano. Il palco è nascosto da un drappo di velluto rosso. La scena si sviluppa nel mezzo della sala: un lungo tavolo nero ricoperto di carta da rotocalco irrompe a zig-zag lo spazio solitamente dedicato al pubblico; in questo modo le persone che assistono allo spettacolo prendono parte attiva, partecipando come comparse e divengono così clienti di un lussuoso ristorante.
La regista de Il banchiere anarchico, Marina Spreafico, ha sapientemente rielaborato il testo in prosa del poeta Ferdinando Pessoa, scritto e pubblicato nel 1922. Si tratta di un testo di stampo filosofico e politico non certo facile, ma abilmente tradotto e reinterpretato dagli attori Mario Ficarazzo, nella parte del banchiere, Mattia Maffezzoli, un giornalista e Vanessa Korn nell’allegoria dell’Anarchia. Il protagonista – Mario Ficarazzo –, dirige come un maestro i giovani attori in scena che lasciano intravedere la loro preparazione artistica ancora work in progress, ma le piccole imperfezioni tecniche di timbri vocali non vanno a smorzare lo scambio di battute e di energie, che presenta un ritmo sostenuto durante tutto l’arco della diatriba sull’Anarchia.
Il gioco dialettico è perfettamente bilanciato dal piatto scenico, gli attori si muovono sulla spazio e lo plasmano abilmente. Lo scambio delle battute si basa sulla struttura del dialogo platonico: muovendosi attraverso difficili giochi di tensione dialettica, ogni affermazione è il contrario di se stessa, ogni risposta presuppone l’insorgere di un’ulteriore questione. E cosìbanchiere e giornalista tengono il pubblico impegnato e attento, e rendono l’interessante dialogo estremamente veloce e movimentato grazie ad un ulteriore espediente tecnico: il tavolo, che viene spezzato, spostato, trascinato in continuazione dagli attori. È un tavolo che va a creare situazioni scenografiche, come unadiapositiva di cambio scena,simbolo delle finzioni sociali e della rottura delle convenzioni sociali. Messaggio insito nello spettacolo reso con l’oggetto scenico.
Assistendo allo spettacolo di Arsenale-lab, il pubblico si rende conto improvvisamente di prendere parte allo spazio scenico, ma non solo; ben presto realizza anche che sta assistendo ad una lezione di maieutica, in cui gli attori, come arguti sofisti, stanno presentando delle verità assolute, attuali, vere, paradossali. Marina Spreafico definisce Pessoa come “una mente lucida del Novecento”; traducendolo nuovamente e reinterpretandolo in scena, rende lo scrittore portoghese estremamente attuale e vero. La verità assoluta propinata al pubblico è la finzione sociale più influente del nostro tempo: il denaro. E averne in quantità sembra essere l’unico modo per soggiogare in modo del tutto anarchico questo colosso. Il pubblico esce di scena con un sorriso ironico e con una consapevolezza nel volto che riflette i terribili paradossi del nostro tempo e di sempre, dal tempo di Platone, di Pessoa e del teatro d’oggi. «Gran finanziere, faccendiere: io sono anarchico in teoria e in pratica» afferma l’anarchico banchiere.
Visto al Teatro piccolo Arsenale, Milano
Elisa Da Rin Puppel