Recensione a Provando in nome della madre – di e con Erri De Luca, regia di Simone Gandolfo
Tiene i pugni stretti sulle ginocchia Erri De Luca. Seduto su una sedia di legno a bordo del palcoscenico e immerso in una penombra che a poco a poco lo inghiotte, ripete a memoria in silenzio tra sé e sé le parole che compongono il suo In nome della madre, libro pubblicato nel 2006 dove la gravidanza di Miriam/Maria, donna che porta in grembo Iosha/Gesù, è raccontata in maniera intima e naturale. Non parla molto il signor De Luca in Provando in nome della madre, uno spettacolo diretto da Simone Gandolfo, basato proprio su quel suo testo dove la storia religiosa lascia posto a quella più umana di una femmina che, parafrasando una canzone del grande Fabrizio De André, sarà poi madre per sempre. Nonostante la sua voce si faccia sentire poco, su di lui si regge l’intera messa in scena, un modesto tentativo inizialmente metateatrale in cui due attori provano il racconto di De Luca e proprio per questo invitano l’autore a parteciparvi. È una regia che non aggiunge, ma che si basa totalmente su una drammaturgia trascinante e di una delicatezza estrema e toccante. E se l’inizio è zoppicante per quella sua esplicitata volontà di fingere di essere alla prima lettura del testo, il resto della pièce scivola via in modo veloce proprio per quelle frasi travolgenti scritte da Erri De Luca. Lo spettacolo diventa un pretesto per ascoltare un’anima che unisce semplicità a poesia, in un vortice di parole in gran parte monologanti che descrivono lo stato emotivo della giovane Miriam, presa in sposa da Iosef, nonostante aspettasse già un figlio non concepito con lui. Piano piano la giovane Sara Cianfriglia, che dà voce qui alla più famosa donna di tutta la Galilea, acquista consapevolezza e forza in quel vortice di parole che la innalzano allo stato di grazia, facendola sembrare piena di lucentezza: perché è questa la condizione in cui si trova chi porta dentro sé una vita. Sembra scritto da un punto di vista femminile questo racconto; e De Luca, alla iniziale sorpresa dell’attrice che solleva proprio la questione, risponde che egli è solo il redattore di questa storia scritta non da un uomo ma da un figlio; non è altro che servo di una parola incarnata. Quel che vien proferito diventa suono di dolcezza e mentre al centro della scena c’è lei, Miriam/Maria, De Luca produce un eco silenzioso: i suoi occhi cerulei sembrano ripercorrere mentalmente immagini che provengono da un passato misterioso e che acquistano lì in quel momento un’altra vita. Una gravidanza semplice e allo stesso tempo divina quella di Maria, sostenuta da Iosef che come puntualizza l’autore durante lo spettacolo, è colui che aggiunge; e ciò che aggiunge è fede, una conseguenza dettata dal suo amore. Provando in nome della madre avvolge con delicatezza una storia classica e religiosa ma che con De Luca acquista una sublime umanità.
Visto al Teatro Mpx, Padova
Carlotta Tringali