Teatro contemporaneo in forma di festival è il progetto che la compagnia teatrale Anagoor porta avanti dal 2003 con lo scopo di contaminare “per contagio” la realtà circostante, spesso lontana dalle forme del teatro contemporaneo. Isolato nella pace della campagna veneta, vicino a Castelminio di Resana, nel cuore della provincia trevigiana, è stato allestito da due anni e mezzo nel magnifico spazio della Conigliera un luogo che per la sua conformazione e struttura si presta alle pratiche performative, al ritiro e allo studio; ma al contempo è profondamente calato in quella realtà rurale che caratterizza il Veneto.
Un progetto che pone quest’anno al centro del discorso le trasformazioni della memoria: come sono trasfigurate nei secoli le modalità di archiviazione della memoria? Che cosa è cambiato dalla pergamena al dvd, dal dipinto al video? Quali sono i “materiali” che scegliamo di ricordare e quali quelli che invece tralasciamo? La società contemporanea è fatta al contempo di ciò che ricorda e di ciò che sceglie di dimenticare. In questo frangente si inserisce la breve rassegna messa a punto da Anagoor: una piccola raccolta di cinque compagnie contemporanee, cinque modi diversi di affrontare la realtà, di registrare e percepire il presente. La rassegna ha ospitato tre gruppi ormai affermati del panorama nazionale: i Babilonia Teatri con l’ultimo intransigente lavoro Pornobboy; Muta Imago con Lev, secondo episodio di una trilogia sulla memoria; Teatro Sotterraneo con Dies Irae, cinque impronte archeologiche sull’esistenza umana. A queste compagnie, che stanno letteralmente spopolando, sono stati affiancati due gruppi altrettanto validi ma ancora in cerca di affermazione: Fagarazzi & Zuffellato e Plumes dans la tête. Il primo con Io Lusso ha proposto una riflessione sulla società contemporanea e sulla “democratizzazione del lusso”.
A chiudere la rassegna il lavoro di Silvia Costa che, con la sua compagnia Plumes dans la tête, mette in scena FORMAZIONE PAGANA fase uno. Insorta distesa. Un’opera dal forte impatto iniziale, che attraversa diversi linguaggi, dal sonoro al visivo, per soffermarsi nella ricerca archeologica e minuziosa misurazione di una società ormai scomparsa e seppellita nella polvere. I cui resti si perdono – bianchi su fondo bianco – in uno spazio asettico e incolore suggestivamente illuminato, spazio a-temporale e a-formale per eccellenza, dove ogni strumento di misurazione sembra restare inutilmente in attesa d’essere usato. Un lavoro forse al primo impatto di difficile comprensione, che rimane sospeso nelle mente del pubblico ancora per svariati secondi prima dell’applauso finale.
All’uscita dalla sala, l’organizzazione offre un rinfresco, un’occasione conviviale per stimolare la conversazione e il confronto, due punti fondamentali per far sedimentare il pensiero e la memoria, invogliare gli spettatori meno assidui a tornare, creare un contesto leggero in cui arte e piacere si mescolino e si influenzino a vicenda. Un progetto valido in uno spazio fuori dal comune, che ha raggiunto il suo obiettivo di diffusione e contaminazione, sicuramente da ripetere e non dimenticare.
Visto a La Conigliera, Castelminio di Resana
Camilla Toso