Recensione a Sogni d’oro – di e con Roberto Scarpa
Sogni d’oro. La favola vera di Adriano Olivetti, ideato e interpretato da Roberto Scarpa, è uno spettacolo che si propone di incarnare, sulla scena, la personalità del celebre industriale (ma anche architetto, editore, politico…) di Ivrea, fra narrazione, accompagnamento musicale e canzoni. In una narrazione che trasforma continuamente le identità, i momenti fondamentali dell’esistenza di Olivetti sono raccontati con trasporto da Scarpa, spesso accompagnato dal pianoforte o dalla chitarra di Luca Morelli e a cui fanno da contrappunto le canzoni interpretate da Marika Benatti, la cui voce riempie il palco e la platea del Teatro “Giovanni Poli”, ma il cui repertorio, che lo stesso Scarpa dice accostato alla parola secondo ragioni emotive, spesso si trova a stridere con il rigore documentario e la precisione dei dettagli proposti nella narrazione. Le identità che si avvicendano in scena, nell’unica persona di Roberto Scarpa, sono molteplici. È autore e interprete, in senso attoriale ma anche biografico: la pregnanza emotiva del suo incontro con Adriano Olivetti è evidente fin dalle prime parole dello spettacolo – in cui presenta le modalità del suo incontro, quasi un’illuminazione, con la vita e le idee di Olivetti – e ritorna in tutta la narrazione, nella vivacità del ritmo e nel trasporto con cui racconta. Poi c’è Olivetti, persona e personaggio, attraverso la cronaca della sua esistenza e, a volte, le sue stesse parole. E, infine, anche dei testimoni “speciali”, dai suoi collaboratori più stretti ad eccellenze della cultura italiana agli amici di sempre, presentati tramite numerose citazioni. Il tutto “cucito” sapientemente dalla carica immaginativa di Scarpa, che riesce, oltre che nella rappresentazione della vita di un uomo, nell’incarnazione degli andamenti di tutto un secolo. Adriano Olivetti si trasforma, in Sogni d’oro, in eroe (o anti-eroe, come puntualizza lo stesso Scarpa nel dibattito che segue lo spettacolo) e la sua vita in una saga scandita annualmente e composta, in gran parte, da un collage di grande efficacia degli avvenimenti salienti – siano essi parte della grande Storia del Novecento o delle piccole storie degli uomini – dell’epoca presa in considerazione. Quello che, ad un primo impatto, si proponeva come il racconto della vita di Olivetti – con il brillante escamotage della contestualizzazione a trecentosessanta gradi, attraversamenti di codici e di generi imprevedibili, l’energia interpretativa travolgente di Roberto Scarpa e la straordinaria storia di quest’uomo per cui il termine “imprenditore” è senz’altro riduttivo – si trasforma, appunto, nel corso del lunghissimo spettacolo, in una saga, i cui dispositivi si ripetono, le cui vicende sono traslate in uno spazio-tempo che risulta idealizzato e i cui punti nodali mitizzati, come in una favola, fino a perdere, in qualche passaggio, l’efficacia documentaria della concretezza. Dunque più una favola che uno spettacolo-documentario che ha però il merito di farsi carico dei “sogni” di un personaggio come Olivetti, uno fra i tanti innovatori (e creatori) della cultura italiana del dopoguerra troppo spesso dimenticati dall’immaginario contemporaneo, schiacciati fra le pagine della grande Storia del Novecento che è andata a scegliere altrove i suoi miti di fondazione.
Roberta Ferraresi
Visto al Teatro G.Poli, Venezia
…viene voglia di vederlo!