Recensione a Parole d’Onore – di Attilio Bolzoni, con Marco Gambino
Mai come in questo caso dire che Marco Gambino ha recitato le Parole d’Onore raccolte dal giornalista Attilio Bolzoni sembra appropriato; perché recitare significa citare di nuovo: frammenti di dichiarazioni, interviste, frasi urlate o dette a mezza voce dai mafiosi compongono la partitura drammaturgica di uno spettacolo toccante e necessario.
In scena solo lui, vestito di nero; come supporto una sedia e la sua bravura, che gli consente di scivolare da un personaggio all’altro attraverso minuziosi cambiamenti di postura, gesticolazione, mimica e voce. E i protagonisti sono loro, gli uomini d’onore, i mafiosi, perché, spiega l’autore del testo, «chi meglio di loro può raccontare il loro mondo?». Eccoli tutti lì, questi mafiosi, con i loro folli moti d’orgoglio, le loro regole, teorie, i loro codici: una carrellata che ricostruisce, con perizia giornalistica e poesia drammaturgica, quel viaggio intrapreso da Bolzoni in questa incredibile realtà, la mafia, che vive e si nutre dell’ombra. Portarla alla luce – dei riflettori, ma soprattutto delle coscienze degli spettatori – è il primo atto, civile e sociale, per far nascere finalmente in Italia una vera cultura anti-mafia, che, nonostante le stragi, le estorsioni, i crimini, tarda ancora ad affermarsi. Un lavoro intenso, una sintesi impietosa ed antieroica – perché di eroico hanno ben poco – che restituisce a questi uomini d’onore la loro vera immagine: personaggi abietti, anche insignificanti seppur potenti, insensati al limite della pazzia in quanto totalmente sommersi in un mondo altro, con regole e riti precisi, impegnati a decantare virtù e moralità senza conoscere il significato di queste parole.
Qualcuno, magari anche famoso, addirittura un Capo di Governo ipotizziamo, potrebbe pensare che Parole d’Onore offra una cattiva immagine del nostro Bel Paese, facendo addirittura pubblicità alla mafia. Ma è proprio del “non parlarne”, del fare finta che non esiste che questo fenomeno criminale si è continuamente alimentato. E lo spettacolo non solo ricorda gli anni in cui erano in molti a giurare che la mafia non esisteva (dando magari definizioni colorite a questo termine: una marca di formaggi, un detersivo…) ma soprattutto dimostra quanto, invece, le persone vogliano saperne, parlarne, capirla. Il fervido e intenso dibattito che è scaturito tra pubblico e artisti alla fine della replica veneziana – per la rassegna Settimana di Drammaturgia Contemporanea – ne è una prova lampante.
Domande, considerazioni, testimonianze hanno ulteriormente arricchito di senso la serata confermando che Parole d’Onore aveva colpito nel segno: uno spettacolo al contempo freddo e straziante – perché in scena c’è un’umanità viva, reale, presente e orribile – che ha saputo accendere la curiosità ed un pensiero attivo nel pubblico, e di fronte a una prova così schiacciante non si può non rendergliene merito.
Visto al Teatro G.Poli, Venezia
La galleria delle immagini di Parole d’Onore saranno on-line a partire dal 26 aprile.
Silvia Gatto