Recensione a In cammino – Tam Teatromusica
Guardare il mondo con gli occhi di un bambino significa riscoprire la purezza di uno sguardo che scruta lo spazio e le sue forme incuriosito, alla scoperta di ciò che si cela dentro le cose, gli oggetti, le persone, i suoni, le emozioni.
Con In cammino, andato in scena al Teatro delle Maddalene dal 18 al 20 dicembre dell’anno che ci ha lasciato, Tam Teatromusica riscopre il piacere di indagare la realtà come se fosse un fanciullo ad esplorarla. Forme pure, concrete, geometriche interagiscono con un corpo che all’occorrenza le manipola, le gestisce e le usa e, a volte, semplicemente le scopre.
Flavia Bussolotto, in perfetta sintonia con lo spazio che la circonda, si muove tra blocchi granitici ispirati alle sculture di Graziano Pompili: una scenografia mobile che a modo suo interagisce con il corpo umano. Lo spazio teatrale si fa simbolo del mondo, ma di un mondo ancora incontaminato, inesplorato. L’uomo, esattamente come un fanciullo pascoliano, si trova immerso in un universo ancora da scoprire e in grado di stimolare le sue facoltà mentali, ancora connesse ad una sfera divina che gli permette di cogliere quegli aspetti che si celano alla vista e che solo uno sguardo che si serve di tutti i sensi è in grado di svelare, ricreando così nella propria mente un’immagine completa. La vista, l’udito e il tatto guidano l’attrice/performer in un viaggio alla riscoperta del mito della creazione, quasi come se solo la presenza umana sia in grado di dare un senso al mondo. Tuttavia nessun antropocentrismo domina la visione che emerge dallo spettacolo. Il riferimento ai miti della creazione degli aborigeni australiani, che vedono negli elementi geografico-topografici le tracce di creature mitologiche che hanno lasciato il segno del loro passaggio sulla Terra, e a Le vie dei canti di Bruce Chatwin si carica di un significato quanto mai attuale: il rispetto per la natura che ci circonda e un invito a prestarle l’attenzione che merita. Non a caso, inizialmente, sono proprio i suoni che sembrano scaturire dagli elementi presenti in scena a guidare l’uomo nella sua esplorazione, nel suo viaggio: un viaggio che lo porterà alla scoperta della volta celeste, di qualcosa di misterioso che la parola non è in grado di spiegare, la cui bellezza, pregnante di significato, si può cogliere solo attraverso la contemplazione. Non a caso, il viaggio sembra essere guidato dai suoni (curati da Paolo Tizianel) che, affiancandosi, creano musiche e melodie in grado di trasportare il pubblico all’Origine del mondo, sfuggendo a qualsiasi legge spazio-temporale, in un tempo in cui l’uomo era ancora incapace di qualsiasi tipo di violenza, verso se stesso, verso gli altri, verso le natura.
Nella sua assoluta semplicità (a volte quasi ingenuità) lo spettacolo sembra insegnare a bambini, spettatori e destinatari privilegiati, ed adulti come il rispetto per tutto ciò con cui vengono a contatto sia la base per poter scoprire o riscoprire le meraviglie del mondo in cui vivono. Farlo attraverso il teatro significa riconoscere a questo linguaggio la capacità di dissotterrare nuovamente, nonostante il bombardamento di immagini a cui siamo continuamente sottoposti, la bellezza della vita, intesa non come successione di eventi, ma come dono che ci permette di riconoscere l’infinita meraviglia che si cela in ciò che ci sta vicino e che, da molto tempo, solo l’arte è in grado di riportare alla luce.
Visto al Teatro delle Maddalene, Padova
Giulia Tirelli