Recensione di A boy inside the boy – Saburo Teshigawara
Dopo aver ottenuto un grande successo al Teatro La Fenice di Venezia firmando regia, coreografia e scenografia dell’opera Dido & Aeneas su musica di Händel, il maestro giapponese Saburo Teshigawara torna in Italia per realizzare un cortometraggio, girandolo nella regione Marche e dando vita a una serata-evento con A boy inside the boy messo in scena a Civitanova. Il titolo della serata ricalca perfettamente quello del filmato: un ragazzo dentro un ragazzo, un impulso vitale racchiuso in chi muove i primi passi verso la coscienza di sé, un’energia improvvisa che sprigiona un forte bisogno di “sentirsi vivo”. Ed è proprio come afferma Teshigawara nel suo tentativo di spiegare il progetto: non era ancora un adolescente quando si accorse di «essere già vivo». E di questa vitalità ne parla qui in maniera differente, come rivivendo un passato che non gli appartiene, vissuto tra i colli marchigiani, o tra il Palazzo Ducale di Urbino e il castello medievale di Lanciano. Luoghi non realmente appartenuti alla sua infanzia trascorsa in Giappone, ma in cui ora Teshigawara attraverso questo cortometraggio proietta il suo passato che qui diventa presente, diventa possibilità altra. Un racconto poetico, un fermo immagine di quello che sarà il filmato finale, di cui rende partecipe per una serata il paesino di Civitanova Marche, che ha ospitato la sua residenza, portando una coreografia che parla proprio di questo passaggio verso la consapevolezza della propria esistenza, di un “risveglio”. In scena una ipnotica Rihoko Sato – nome da imprimere nella mente per chi vuole ancora sorprendersi nel vedere come passione, tecnica ed eleganza possano convivere splendidamente in un solo corpo – sembra una marionetta comandata con dei fili, completamente priva di vita, complice una tecnica straordinaria di cui è totalmente padrona. Si contrappone a lei Riichi Kami, un giovanissimo ragazzo che, parte della compagnia Karas (fondata da Saburo nel 1985), fa esplodere la sua energia, libera tutta la sua vitalità in gesta incontrollate e convulse che solo nel maestro Teshigawara trovano un equilibrio fatto di accelerazioni e rallentamenti – un perfetto controllo, al dettaglio, dove nessun muscolo è fuori posto, ma nella sua particolarità è consapevolmente parte del tutto e di un unico corpo.
Giochi di luce sagomati – anche questi come la coreografia e la regia firmati dallo stesso Teshigawara – creano finestre illuminate sul nudo fondale del teatro: ed ecco che Saburo subisce, nel passaggio tra buio del palco al chiarore pallido della luce, una sorta di trasfigurazione, la sua mano alzata e il suo corpo flesso all’indietro rimandano per un attimo al maestro di butoh Kazuo Ohno.
Saburo diventa così il collante tra quella marionetta incredibilmente elegante che è Rihoko Sato e l’impulso vitale del piccolo Riichi. Un reiterarsi di movimenti disarticolati e puntuali in un controllo che trasmette al pubblico la vitalità di un corpo conscio delle proprie capacità.
Visto al Teatro Annibal Caro, Civitanova Marche
Carlotta Tringali