Un racconto danzato tra finzione e realtà

Recensione a La storia inauditaNuDi Nuova Danza Indipendente

Storie di uomini e donne, storie di corpi, anime e “teste”. Teste a pera e teste a mela è il racconto allegorico del giornalista e scrittore Dario Fertilio che, oltre a rubare un benevolo sorriso nel momento in cui ne viene pronunciato il titolo, ha fornito suggestioni alla coreografa Laura Pulin nella creazione del suo ultimo lavoro, La storia inaudita. L’opera, messa in scena con la compagnia NuDiNuova Danza Indipendente, ha rinnovato il sodalizio artistico Fertilio-Pulin inaugurato nel 2007 con Canto. Il balletto, partendo dalle atmosfere del testo di Fertilio, è stato sviluppato dalla coreografa come un “racconto danzato di fantasia e libertà”. Una sorta di burattinaio accoglie lo spettatore in sala con un cartello di benvenuto. Questa figura marionettistica, interpretata dall’attore Enrico Caro, segue le evoluzioni della storia e ne determina i cambiamenti, “ci apre alla sua giostra” – racconta la Pulin durante l’incontro organizzato al Teatro Toniolo –, “è lui il macchinista che fa sì che tutti i suoi pupazzetti funzionino bene”. In un susseguirsi di duetti frammezzati dall’intervento di questo deus ex machina, i danzatori attivano un meccanismo relazionale che procede per toni lievi e ironici, sfruttando la musica e gli elementi scenografici come mezzo o prolungamento dei propri gesti. Le semplici e leggere strutture di legno vengono manipolate dai ballerini, si fanno ostacolo o rifugio in cui l’uno può trovare protezione dall’altro. I protagonisti della storia sono Klaus e Inessa. Le coppie si moltiplicano sulla scena dando vita a una danza che riflette sulle dinamiche affettive tra uomo e donna, come l’incontro, il distacco e il ricongiungimento ma lasciando sempre inalterati i tratti distintivi dei personaggi, un lui vestito di bianco e una lei di rosso.L’identificazione dei soggetti con determinati colori, l’assunzione di tematiche di coppia, indirizzano inevitabilmente a studi psicoanalitici sul genere, ma la coreografia non consente tali approfondimenti. I danzatori con i loro sorrisi si fanno complici dello spettatore e il lavoro della Pulin sembra risolvere il conflitto tra i sessi nell’epidermica affermazione della donna-ballerina. Che questo avvenga per scelta poetica o per sentire soggettivo, la danza femminile si appropria della scena e la brava Marta Zollet ne diviene la protagonista. Il flusso delle coppie si placa nel momento in cui appare, di fronte ai giovani danzatori, una coppia di anziani. La pacificazione è raggiunta là dove incomprensioni e difficoltà sono ormai state superate. La risoluzione generazionale è l’ultimo tassello di un lavoro che formalmente appare impeccabile; il processo della vita si dispiega con linearità e chiarezza, ma il tutto procede tramite accenni senza mai consentire di toccare l’apice o la profondità dell’animo umano. Ma questa è la favola di Laura Pulin e il suo messaggio mira a ricordare ad ognuno di noi di cogliere sempre gioia e felicità dalla propria storia inaudita.

Visto al Teatro Toniolo, Mestre

Elena Conti


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