Recensione a Art(h)emigra Satellite 1. In collegamento streaming con OT301, Amsterdam – di T(h)emigra Ensemble e formazione olandese curata da Manuela Tessi
Una lunga fila, principalmente di ragazzi, ha atteso l’apertura delle porte di Teatro Fondamenta Nuove. Tutto pieno, sold out! Ogni angolo del teatro è stato occupato e c’è stato perfino chi si è guadagnato spazio accostandosi alle pareti laterali, nel tentativo di oltrepassare con lo sguardo la persona che aveva davanti. L’evento che ha fatto incontrare così tante persone nel teatro-fulcro della ricerca performativa veneziana è stato lo spettacolo Art(h)emigra Satellite 1 di T(h)emigra Ensemble, il collettivo di musicisti e danzatori raccolti attorno alla coreografa Laura Moro. Promotrice della serata e contraltare di un sistema teatrale sempre più chiuso ai giovani è la Fondazione di Venezia che, dopo “Il teatro in tasca!” (iniziativa che consente ai ragazzi fino ai 30 anni di acquistare un biglietto teatrale al prezzo di 2,50 euro), ha proposto in collaborazione con Teatro Fondamenta Nuove, la visione della pièce ad ingresso libero.
Art(h)emigra Satellite 1 è il primo appuntamento che vede presente il collettivo nella città di Venezia: nei prossimi mesi infatti Laura Moro – con il musicista Lorenzo Tomio – condurrà due laboratori sulla “composizione estemporanea”, il cui esito performativo sarà Art(h)emigra Satellite 2 (Teatro Fondamenta Nuove, 21 aprile).
A risaltare inizialmente sono le parole che costituiscono il sottotitolo dello spettacolo: “in collegamento streaming con OT301, Amsterdam”. Tralasciando solo per il momento la questione cruciale che riguarda l’interazione video come elemento costitutivo del lavoro, OT301 è un teatro – ex Accademia del cinema – e una piattaforma indipendente per le discipline culturali della capitale olandese con la quale Laura Moro ha ideato e avviato il progetto fondato sulla relazione tra le due formazioni di musicisti e danzatori. Dopo le tappe di Asolo e Bassano del Grappa (solo per citarne alcune), Venezia è divenuta il luogo dal quale avviare una comunicazione con la realtà di Amsterdam, nell’incontro di artisti che rintracciano nell’improvvisazione la parola chiave della propria composizione.
Consapevole di un sentire comune che connette il concetto di improvvisazione a termini quali “originalità”, “irripetibilità” o simili, la Moro sottolinea come ciò che si appresta a presentare con i suoi collaboratori si fonda sul metodo di composizione del musicista John Zorn e sui suoi Game Pieces – una serie di improvvisazioni strutturate secondo regole ideate di volta in volta dallo stesso Zorn. Come il compositore statunitense, Laura Moro e Lorenzo Tomio si alternano nell’assumere il ruolo di direttore d’orchestra: conquistano uno spazio semicircolare sul palco, volgono le spalle agli spettatori e dirigono i propri esecutori con “carte” zorniane. Questi cartelli – differenziati da colori, simboli, numeri e lettere – lasciano emergere il fascino di un oggetto che trasfigura il tradizionale spartito e diviene mezzo di trasmissione di un linguaggio sconosciuto in grado di organizzare e mettere regole sull’improvvisazione. L’ensemble presente a Fondamenta Nuove ha risposto a questa partitura ignota dando vita ad un dialogo tra corpo e suono generatore estemporaneo del fatto artistico. Riconosciuta storicamente la rilevanza della musica nella creazione coreografica, l’improvvisazione si struttura partendo da una consapevolezza personale, un vocabolario elementare di gesti da un lato, e suoni dall’altro, per giungere ad una coesione tra musica e danza unica nel suo svolgersi dal vivo. Art(h)emigra Satellite 1 ha presentato una sfaccettata visione delle possibilità comunicative tra i due linguaggi: molto più intima e intensa la relazione che ha visto fondersi il suono di un unico strumento con il corpo del danzatore, mentre più ironici e percettivamente precostituiti, alcuni dei pezzi corali che hanno coinvolto l’intera formazione di artisti fino a creare, in antitesi, forme danzanti stereotipate, figure didascaliche che non dovrebbero essere giustificate dall’improvvisazione.
Il collegamento streaming con Amsterdam rimane tuttora una questione aperta e rintracciabile parzialmente solo nelle parole dichiarate dal sottotitolo: ammirevole la tenacia di Laura Moro nel risolvere i problemi di comunicazione con OT301, ma l’ironia non è stata sufficiente a colmare i vuoti causati dall’altalenante connessione sulla quale sembrava doversi fondare l’evento, lasciando cogliere invece il fatto come mero pretesto per la creazione dell’incontro. La mancata interazione tra i due luoghi, pur evidenziando le caratteristiche di indeterminazione e sperimentazione del lavoro, ha affievolito – conservando la proiezione fissa del desktop di Windows sul fondale – alcuni dei momenti di maggiore intensità dell’azione sviluppata a Teatro Fondamenta Nuove. Ma a questa osservazione provocatoria, e nella prospettiva di una maturazione del progetto, sembrano rispondere le parole di Laura Moro riportate nel foglio di sala: «da un male nasce un bene… il male è sbaglio, errore o insuccesso di esecuzione di cui siamo responsabili, per incuria, disattenzione, stanchezza… perché siamo umani. Spesso lo sbaglio ci apre nuove porte, rendendoci consapevoli di un automatismo che l’errore interrompe, sviandoci così da una logica in cui niente di nuovo avrebbe trovato spazio per germogliare».
Visto a Teatro Fondamenta Nuove, Venezia
Elena Conti