Recensione a Dentro la tempesta – esito del laboratorio tenuto da Davide Iodice
Le orme della Tempesta shakespeariana sulle tavole del piccolo Teatro dell’Unical. Il più amaro e disincantato dramma del bardo, significazione dello smarrimento e della perdita delle illusioni, della sconfitta della ragione e della negazione dell’utopia, delle lacerazioni tra individuo e società, trasposto nel teatro universitario, attraverso le macchinazioni sceniche dell’esito del laboratorio che Davide Iodice, regista e drammaturgo napoletano, ha tenuto poco tempo fa a Lamezia, per la compagnia Scenari Visibili, di Dario Natale. Laboratorio realizzato all’interno della residenza teatrale “Ligeia”.
Ed è l’attore e demiurgo lametino, Dario Natale, a farsi deus ex machina nello spettacolo Dentro la tempesta, che ha visto Prospero, Miranda, Caliban, Ferdinando, Stefano e Trinculo, impersonati da Natale, Chiara Brissa, Piergiuseppe Francione, Costantino Montalto, Marco Rialti, Gianluca Vetromilo.
Una tempesta scatenata negli umori degli spettatori posti attorno alla scena, visibilmente in fibrillazione a fine rappresentazione e colmi dei più disparati entusiasmi. L’isola dove si scatena la furia delle acque e dei venti ha l’apparenza scenografica di una stanza, ricorda addirittura uno sgabuzzino, dove le scaffalature sono riempite da oggetti personali di ognuno degli attori-personaggi: dei cenni (feticci) di una parte di sé. Qualcosa naufragato su terre sperdute, qualcosa di spodestato da contesti regolarizzati ma che tuona forte la sua enfasi vitale. Da materializzarsi in vissuti, nell’unica via possibile da condurre. Libri, per la maggior parte, nello spazio ricavato sul palcoscenico del Piccolo trasformato nell’occasione in un piccolo “cantiere” di prove aperte, figurante il disordine dell’incipit shakespeariano dove far subentrare la calma delle riflessioni sul mondo e sul teatro. Ma una calma apparente, carica invece di retroattività dalla forte caratura emozionale. Gli attori, rappresentando se stessi, caratterizzando tuttavia i tratti dei personaggi shakespeariani, hanno dato in pasto agli spettatori, a un palmo dal loro agire, le loro nudità, le esperienze più vivide, i loro sguardi dai propri punti di osservazione. Nelle condensate atmosfere intrise del magico, caratterizzante l’opera madre, i personaggi diventano megafono di se stessi e della volontà di ribadire la forza di un teatro non di facili estetismi e stucchevolezze ma che agiti prepotentemente il suo esercizio di influenza fattiva sul circostante. E spazio, grazie alla scardinarsi da drappi canonici, a diversificati livelli di attenzione a catarsi nell’opera, dal riso alla suggestione commovente, dalla violenza allo sberleffo, dalla poesia al sottotesto.
Un lavoro esplosivo. Di quelli che si vedono una tantum. Testimonianza di un teatro specchio, contenitore, empatia e onda d’urto emotiva. Realizzato sul prodotto umano piuttosto che spettacolare. Il bello, reso in scena.
Visto al Piccolo Teatro dell’Università della Calabria Unical, Arcavacata di Rende (CS)
Emilio Nigro
Pubblicato su Il Quotidiano della Calabria