Una storia da bar di periferia
Un bancone da bar coi suoi sgabelli e una partita in tv. Un tavolino, due sedie, luci soffuse. Un angolo per la musica, con batteria e microfoni. L’ambiente di The Evening si presenta così: come uno dei tanti non-luoghi di periferia, con un arredamento anonimo e la sottile percezione delle stratificazioni di storie che l’hanno abitato. Un bar da poco, dove ci si va a ubriacare, lamentare, passare il tempo. Presto verrà abitato dalle figure abbozzate dalla scrittura di Richard Maxwell, drammaturgo, regista, autore delle musiche, di formazione attore e musicista, considerato – con la sua compagnia New York City Players – uno dei maggiori talenti del teatro sperimentale americano e al suo ritorno dopo qualche anno in Italia – ma sarebbe meglio dire in Emilia-Romagna, visto che il suo debutto nazionale è stato lanciato alla Biennale 2005 (sì veneziana, ma diretta da Romeo Castellucci), poi è tornato fra Vie e Santarcangelo e si ritrova oggi in programma nella stagione ufficiale di un Teatro Nazionale, quello emiliano-romagnolo appunto. “Qui”, come dice l’artista stesso alla conferenza d’apertura mercoledì 18, “è sempre una sfida, perché c’è un pubblico per questo tipo di teatro”, e in effetti è così.
Tre attori dei New York City Players in scena danno corpo e voce a tre stereotipi – “archetipi” li chiama lui –, quasi fantasmi di un’umanità rassegnata, marginale e sconfitta, spesso protagonista delle opere dell’autore-regista statunitense.