Abbiamo incontrato a metà novembre, Alessandra Ferraro e Pako Graziani due rappresentanti del gruppo Margine Operativo che ha organizzato a Roma il Festival Attraversamenti Multipli, un esempio di come arti performative, pubblico e città possano liberamente interagire creando sinergie più che funzionali. Una manifestazione pura di cultura come bene comune che fa della libera fruizione il primo passo per conquistare un pubblico nuovo.
Margine Operativo: come è nato, come si è formato, come avete lavorato sul territorio in questi anni?
Nasce alla fine degli anni Novanta in uno spazio occupato, il centro sociale Forte Prenestino: una caratteristica del gruppo, fin dall’inizio, è stata la connessione con il mondo dell’attivismo politico e culturale. Un altro elemento presente fin dal principio è stata la propensione a lavorare sui confini tra diversi codici artistici. Siamo nati come gruppo teatrale e video, ma abbiamo sempre intrecciato la creazione di spettacoli con la costruzione di momenti di connessione con altri artisti e la produzione di eventi interdisciplinari. Margine Operativo in questi anni si è configurato come un progetto ibrido che si muove tra produzione e organizzazione, tra teatro, arti performative e video. Questo fermento ha creato Attraversamenti Multipli nel 2001, nato dal desiderio di inserire un organismo artistico in spazi urbani, in luoghi “strani” e inesplorati della metropoli di Roma.
A livello di spazio, Margine Operativo e Attraversamenti Multipli come si muovono?
Dal 2001 Margine Operativo è nomade: non ha più un luogo fisico stabile, siamo senza fissa dimora. È stata una scelta faticosa ma che ci dà grande libertà creativa e nuovi stimoli. Per produrre i nostri spettacoli molto spesso siamo ospitati da centri sociali, che per la scena contemporanea a Roma sono stati fondamentali. La scelta del nomadismo è una scelta artistica anche per il festival Attraversamenti Multipli che in ogni edizione si è sviluppato in location diverse, intrecciando spazi urbani con luoghi “mutanti” della città, simbolo delle trasformazioni – fisiche e di progetto – che compiono.
Non avere uno spazio costante per Attraversamenti Multipli è una scelta difficile ma appagante: sicuramente attraverso l’uso del “luogo convenzionale” è più facile ottenere visibilità tra gli “addetti ai lavori” e con gli spettatori teatrali, ma andando altrove si intercetta un pubblico vastissimo. E ogni evento diventa una sperimentazione per noi e per tutti gli artisti coinvolti. Attraversamenti Multipli è un progetto che crea una relazione con i luoghi che lo accolgono. Nell’edizione di quest’anno abbiamo costruito tre giornate alla Facoltà di Lettere dell’Università Sapienza, spazio che non avevamo mai utilizzato. Non è una scelta casuale, in questo momento gli studenti e i collettivi di Anomalia Sapienza stanno facendo un grosso lavoro per aprire l’università di sera, ad accogliere eventi artistici. Ci sembrava importante legarci a questo progetto di gestione diversa dello spazio accademico – che è una città nella città – inserendo 3 giornate del festival proprio all’Università.
Ogni anno cerchiamo di connetterci con luoghi che sono anche dei progetti attenti alle culture del contemporaneo: come è successo in questa edizione per gli eventi a Centrale Preneste Teatro – nuovo e bellissimo spazio dedicato alle giovani generazioni – e a Forte Fanfulla, vivace spazio polivalente che ha aperto un percorso di residenze teatrali.
Mi è piaciuto moltissimo, nei materiali, leggere la parola “meticcio”: ha un significato particolare per voi…
A noi piace anche dire che il nostro è un “progetto bastardo”, ma nel senso positivo del termine. Crediamo profondamente a questa definizione di meticcio, che ci caratterizza da sempre. “Meticcio” perché lavoriamo spesso con artisti di diverse provenienze: per esempio sul fronte della creazione degli spettacoli stiamo collaborando da tre anni con dei musicisti. Cerchiamo sempre – e non sempre è facile – complicità forti con gli artisti che invitiamo perché molte volte proponiamo dei site-specific. Per le performance urbane scegliamo gli artisti, ma quasi mai cosa propongono e spesso non sappiamo neanche noi “cosa” succederà. E questo spiazzamento, nostro e dello spettatore, ci interessa molto.
A proposito del pubblico, questo è un altro elemento importante per Attraversamenti Multipli, gli spazi urbani hanno ovviamente un pubblico diverso rispetto al Teatro…
Questo è molto importante nel progetto, perché non si tratta di arte negli spazi urbani per un pubblico scelto, ma per la costruzione di un nuovo pubblico, la sfida è questa. Lo spazio urbano diventa lo spazio dello scontro dove si innestano dei meccanismi complicati. È uno scontro-incontro dove c’è anche la possibilità di una relazione. In undici anni abbiamo visto il mutamento, in base a come la città vive e in base al clima che si costruisce automaticamente si ha la percezione di come nel tempo il pubblico possa cambiare. In un decennio c’è stato un cambio esponenziale: nell’attenzione dello sguardo, nella percezione del pubblico, nella disponibilità. Siamo passati da una fase in cui sembrava di stare in una metropoli del mondo con una crescita rapida e grande spazio per le diversità – compreso l’artista, che è un corpo diverso quando si innesta nello spazio urbano – ad oggi che è tornato a essere anomalia, distante dalla vita di tutti i giorni. Dove non sei più considerato come una risorsa… Ma come un problema.
Rispetto al pubblico cambia anche la posizione dell’artista e l’immagine dell’artista nella società…
Funzioniamo anche da termometro rispetto al clima in cui si vive. È una cosa molto complicata perché hai a che fare con dinamiche anche molto difficili da gestire: con la sicurezza, con lo sguardo del pubblico ma anche con la violenza. Negli ultimi anni abbiamo visto pochi sorrisi… Nei nostri eventi abbiamo riscontrato sempre grande disponibilità e attenzione da parte del pubblico. Ma nelle dinamiche generali ci sono dei cambiamenti: una velocizzazione dei corpi, incapacità di relazionarsi, paura.
La situazione si è andata aggravando anche da un punto di vista burocratico: se prima parlavamo con l’ufficio comunicazione per allestire una performance all’interno della metropolitana, l’ultimo anno abbiamo parlato con l’ufficio sicurezza… Adesso non è più possibile usare la metropolitana per qualunque tipo di evento. Lavorare in questo momento negli spazi urbani a Roma è diventata una cosa folle; a maggior ragione vogliamo difendere Attraversamenti Multipli che ci sembra in questo momento una cosa importante, una risorsa per la città.
Mi piacerebbe capire anche come avete vissuto l’ultimo anno: si parla di crisi economica e uno dei settori tra i primi a soffrirne è stata la cultura; so che portate avanti una vera e propria politica della Cultura come bene comune, anche per questo gli spettacoli sono tutti a ingresso libero e in luoghi pubblici, ma nonostante i buoni propositi le economie pro-cultura sono sempre più ridotte…
La crisi economica è una crisi dello spazio pubblico, che determina un innalzamento di paranoia, di burocrazia, e su questo abbiamo scelto di andare in quei luoghi dove cercare di allentare questa morsa. Molti progetti in questa città sono morti soprattutto per questi motivi, non soltanto economici, ma che comprendono il ciclo della produzione culturale: dalle autorizzazioni per gli spazi, alla sicurezza, ai permessi, alla Siae, alle nuove norme per la sicurezza del lavoro. Sono cose sacrosante ma poi che rendono talmente complesso il processo che c’è chi si tira indietro e lascia morire le iniziative.
In questi anni si è sempre cercato di stare all’interno di reti che fanno un ragionamento rispetto alle politiche culturali e cercano di proporre un’alternativa e costruire un sistema altro rispetto a quello attuale. Ci siamo resi conto che c’è una burocratizzazione delle relazioni che sembra quasi un attacco. Nel momento in cui a una realtà come Margine Operativo – un’associazione culturale che produce un festival – vengono chieste delle cose a livello normativo paragonandola a un’azienda farmaceutica… È chiaro che non può rientrare negli standard.
In questo momento non c’è una legislazione che tenga conto delle nuove figure del lavoro come siamo noi, che tuteli dando dei diritti – oltre che dei doveri – un tessuto che esiste a livello nazionale. C’è un problema normativo fatto di leggi obsolete assurde che hanno portato poi a chiudere molti spazi, a causa di un delirio burocratico. Contemporaneamente c’è un problema sull’economia: è chiaro che stiamo pagando un prezzo altissimo come tutte le realtà che lavorano sulla cultura e tanto più secondo me per la scena contemporanea, che è quella più sperimentale e più imprendibile, sia come forme estetiche che come forme di organizzazione del lavoro. Quindi c’è un momento di grossa difficoltà. Noi costruendo per scelta il festival con finanziamenti pubblici ci siamo sempre posti il problema dell’accessibilità per il pubblico agli eventi. Per noi è un fattore molto importante. Attraversamenti Multipli è tutto a ingresso gratuito. Fino ad adesso abbiamo sempre lavorato con enti pubblici ed è chiaro che le difficoltà stanno aumentando, è una sorpresa essere riusciti a produrre il festival quest’anno, ma l’importante è non lasciare che le difficoltà predano il sopravvento e ti spingano ad abbandonare i progetti.
www.attraversamentimultipli.it
Il video dell’evento
Il video della performance urbane
BIO (dal sito): Margine Operativo è un progetto artistico nato a Roma alla fine degli anni novanta, formato da Alessandra Ferraro, Pako Graziani, Diego Zerbini e Riccardo Boldrini. I suoi campi d’azione sono: il teatro, le arti performative, il video. Fin dall’inizio del suo percorso ha avuto una natura poliforme che lo ha portato ad agire su più fronti della creazione artistica: dalla produzione di formati performativi in bilico tra diversi codici artistici, alla ricerca sul linguaggio video che spazia dalla realizzazione di documentari, di format televisivi, di remix di film e live set visuali.
Camilla Toso