Città di Ebla

“The dead” di Città di Ebla: un discorso sulla memoria

Recensione a The dead – di Città di Ebla

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foto di Gianluca “Naphtalina” Camporesi

Il Centro universitario “La Soffitta” di Bologna propone un progetto laboratoriale, spettacolare ed espositivo sui rapporti fra teatro e fotografia, l’uno destinato a scomparire nel suo farsi, l’altra volta in primis per precipitare in un documento l’inafferrabilità della vita: Teatri da cameraquesto il titolo del percorso curato da Silvia Mei a inizio febbraio – coinvolge per due settimane artisti della scena e dell’immagine in spettacoli, incontri, seminari e mostre che lavorano su densità diverse del tema in questione.

Fra questi, The dead di Città di Ebla. Ancora una volta a partire da un racconto del secolo scorso: prima era Kafka, con le Metamorfosi (leggi l’articolo); adesso Joyce, con The dead, l’ultimo dei suoi Dubliners, dove il limite fra realtà e ricordo, fra vivi e morti si fa così evanescente da rovesciare il racconto, e forse il senso della raccolta stessa, con l’appena percettibile incrinarsi della paralisi che domina tutti gli altri pezzi in una quasi-speranza di cambiamento. Di nuovo, uno dei pilastri della narrazione occidentale moderna, in forma breve, dà vita a un progetto multilivellare in più tappe della compagnia forlivese guidata da Claudio Angelini, un processo lungo dagli studi del 2011 (leggi l’articolo) ai successivi “shoot” al debutto a Romaeuropa Festival l’anno dopo  e articolato, che mira prima di tutto a esporre la sua stessa modalità di strutturarsi e mutare lungo il farsi della ricerca. E, ancora, infine, un percorso che volge a sperimentare e fondare un dispositivo performativo inedito: The dead si sviluppa fra azione (la protagonista è Valentina Bravetti) e fotografia live (Luca Ortolani), in cui gli scatti realizzati man mano si espongono al pubblico per mostrare altri modi di esistenza rispetto a quello che si vede in scena.

foto07_w580_h326È un discorso di lucida compiutezza sul funzionamento della memoria, The dead, quasi si ponesse come la condivisione dell’esito di un’indagine sulle diverse consistenze materiali del ricordo e di un’analisi sulle modalità che abbiamo di farne esperienza. Al suo interno, un equilibrio ponderato fra lingue differenti: appunto performance e fotografia, ma anche disegno, trattamento delle atmosfere tramite le luci e i suoni, variazioni performative dal gesto quotidiano all’astrazione.
Il lavoro si sviluppa in una composizione che non è giusto definire “per frammenti”, ma nemmeno riportare come un percorso pacificamente piano: c’è una linea di narrazione nettissima, quasi archetipale nella sua riconoscibilità – una ragazza nella sua stanza, ricorda un incontro, va a dormire, lo ritrova nel sogno, deve andarsene e si sofferma –, in un disegno emotivo che molto spesso si trascina verso le qualità romantiche, quasi melò, del modello più classico di storia d’amore appena sussurrata; mentre l’incedere della storia è progressivo, seppure trasmesso (non proprio raccontato) per frammenti. Intanto, il filo degli accadimenti è sostenuto da una ricombinazione di linguaggi che si influenzano l’un l’altro e lavorano insieme a concretizzare la qualità della storia nel suo svolgersi, intervenendo sui singoli pezzi attraverso il trattamento della densità dell’atmosfera scenica (la densità della luce, il rimpastarsi dei colori).

Una chiave con cui The dead affronta il problema della memoria è quella della modulazione del ritmo, un’altra quella della minacciosa prossimità fra il reale e le sue componenti di invisibilità, un’altra ancora quella della deformazione e della sproporzione. Mobili estratti dal contesto e ingigantiti a fior di proscenio, su uno schermo, vicinissimi ai loro omologhi concreti; colori che debordano, gesti minimi e anche banali che riverberano in un dispositivo di estrazione dalla realtà, di deformazione e riformazione, capace di ricomprendere al proprio interno anche il rischio di seduzione esercitato dalla piccola storia borghese  la definizione è del regista Claudio Angelini, che si interroga sul ricorrere di questo suo interesse  che si introduce felpata in scena.

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foto di Luca Di Filippo

Lo scarto fra le dimensioni della storia (quasi banale nella sua insistita quotidiana normalità) o la minutezza dei gesti, e il dispiegamento di strumenti per analizzarli entrambi, garantisce un effetto affascinante, curioso. A maggior ragione perché concettualmente integrato con il tema esplorato. Siamo in un laboratorio, è evidente, fin da quando si accendono le luci all’inizio e si svela la scatola nera che contiene lo spettacolo, separata dalla platea attraverso il velo di uno schermo. E non c’è scampo né per l’immedesimazione né per la distanza, ma sì, c’è spazio forse per tutt’e due, almeno per un’oscillazione fra di esse.
Forse il tratto di maggior interesse e fascino di questo lavoro che Città di Ebla sta svolgendo da anni sul tema della memoria e sul dispositivo foto-scenico per analizzarlo, si trova nella modalità di rapporto che instaura fra forma e contenuto, linguaggi e struttura, opera e indagine, spettacolo e pubblico. C’è un campo di forze, un discorso, che è quello appunto della memoria; poi, da qui, riverberi e riflessi e rifrazioni sull’uno e l’altro piano – sia esso tematico, linguistico, narrativo, legato alla sensazione o alla sensibilità.
Prendiamo la storia – una giovane donna che si lascia qualcosa dietro le spalle ma non ci riesce fino in fondo; ricompattiamolo sulla struttura e sulla texture narrativa: torna e riparte dal qui-e-ora, va e viene, accarezzando sempre un passato sconosciuto e non del tutto conoscibile che si fa più presente del presente; ricomprendiamolo nei suoi eventi e negli strumenti che utilizza: deformazione e riformazione (di oggetti, situazioni, eccetera) fra quello che si vede e quello che non si vede, quello che si svela e quello che non si può. L’intreccio di sensazione e di senso è inestricabile.

In più, forse per via della modalità compositiva di The dead, c’è sempre una strana sensazione di sottofondo… si potrebbe chiamarla una specie di sospetto del “calco” di qualcos’altro: è qualcosa che forse ho già visto, qualcosa un po’ già sentito. Sarà il tema (l’amore, il ricordo e il rimpianto, il sogno), sarà la lingua (una successione di immagini, la loro manipolazione). Ma è una sensazione informe. Infatti, la narrazione per frammenti (comunque di una chiara compiutezza e comprensibilità) invoca per forza la partecipazione dello spettatore, il ruolo della sua esperienza passata o almeno quello, al futuro anteriore, della sua creatività immaginativa, per andare a riempire di sé le elisioni del racconto, e gli scarti linguistici, a valutare le sproporzioni della narrazione dei fatti e della prospettiva (su di essi).
Ma non è banalmente questo un discorso coautoriale tout court, che è ormai un livello a dir poco canonico della nostra tradizione culturale e artistica. È, appunto, un discorso sulla memoria che affonda a vari livelli di senso, che si svolge su tutti i fronti della situazione scenica; oltre a rimpastare processo e prodotto, a predisporre una tensione che rende inestricabili i rapporti fra forma e contenuto, a lavorare di fino sui nodi di congiuntura fra evento e struttura, così come su tutte le rifrazioni che da lì si dipartono, The dead è un oggetto performativo che, volendo indagare il campo della memoria, nella sua lucida compiutezza, ricomprende giustamente al proprio interno drammaturgico anche il lavoro dello spettatore e i suoi rapporti con l’esperienza scenica.

Visto ai Laboratori delle Arti, Bologna

Roberta Ferraresi

 

 

Ipercorpo 2011

Ai confini della città di Forlì si spinge l’afflato poetico di Claudio Angelini e di Città di Ebla, che da cinque anni organizza il Festival Ipercorpo. Quest’anno i pesanti cambiamenti nelle politiche culturali regionali hanno influito anche sul florido territorio dell’Emilia Romagna toccando non poche manifestazioni; l’onda d’urto si è fatta sentire anche qui ma nonostante tutto il Festival resiste e lo fa con ottimi propositi.

L’originalità che da sempre contraddistingue questa manifestazione si riversa in spazi in disuso e ai confini della città. Il complesso S.I.T.A./ATR, deposito di corriere e autobus, costruito nel 1935 a Forlì è il luogo prescelto per l’edizione 2011. Rivivere gli spazi, rivalorizzandoli dando un senso nuovo e appropriato a strutture ormai inutilizzate dalla società, scarti in un paesaggio urbano che riacquistano un significato sociale è l’obiettivo dell’organizzazione. Claudio Angelini spiega: «Diviene per noi fondamentale far vivere luoghi in disuso non solo mostrandoli, affinché l’occhio del cittadino recuperi ambienti a lui prossimi ma ormai lontani dalla cattura della visione, ma anche e soprattutto animandoli del corpo e dell’azione di artisti capaci di ri-guardarli. Ambienti e visioni che non sono solo decoro, ma qualcosa in cui siamo immersi e attraverso cui ci siamo formati. Qualcosa che chiede un atto proiettato verso il futuro».
A seguire l’intera manifestazione lo staff del Tamburo di Kattrin e di Teatro e Critica che riporteranno un diario giornaliero con recensioni, impressioni e commenti.

Il programma si snoda dal 20 al 25 settembre in diversi appuntamenti: laboratori, incontri, concerti, e spettacoli teatrali. Di seguito il programma completo della rassegna. La maggior parte dei gruppi teatrali indipendenti chiamati a far parte della rassegna sono di origine emiliano-romagnola: gruppo nanou con Sport, Masque Teatro, Fanny & Alexander con West; alcune compagnie romane come Santasangre e Muta Imago, ma anche danzatori e coreografi come la piemontese Paola Bianchi e Alessandro Sciarroni. Per tutta la durata del Festival è possibile visionare numerose installazioni, mentre ogni sera, alle ore 23.00, un concerto chiuderà la giornata.

La prenotazione dei biglietti è consigliata per tutti gli spettacoli al numero 3473169141. Per richiesta informazioni: info@cittadiebla.com

 

Martedì 20 settembre
Fabbrica delle Candele, Piazzetta Corbizzi 30, Forlì
apertura spazio ore 20.00

20.30 – Tutela e recupero del patrimonio storico e architettonico
Un caso esemplare: il deposito autocorriere ATR
Incontro con Gabrio Furani e Erika Mondini, interverranno Paolo Rava e Patrick Leech

22.00 – Brothers In Law :: Concerto

Giovedì 22 settembre
Deposito ATR, Piazzetta Girolamo Savonarola 6, Forlì
apertura spazio ore 19.30 e aperitivo a cura di Diagonal Loft Club

21:00 – gruppo nanou :: Sport :: Spettacolo

22.00 – Masque Teatro :: Just Intonation :: Spettacolo

22.30 – Masque Teatro :: Special Coils :: Spettacolo

23.00 – Unstable Compound :: Concerto

24.00Masque Teatro :: Nikola Tesla.Lectures :: Conferenza esperimento

Venerdì 23 settembre
Deposito ATR, Piazzetta Girolamo Savonarola 6, Forlì
apertura spazio ore 19.30 e aperitivo a cura di Diagonal Loft Club

21.00 – Fanny & Alexander :: West :: Spettacolo

22.00 – gruppo nanou :: Sport :: Spettacolo

23.00 Femina Faber e Bruno Dorella :: Al jorn del judici :: Concerto

Sabato 24 settembre
Deposito ATR, Piazzetta Girolamo Savonarola 6, Forlì
apertura spazio ore 18.00 e aperitivo a cura di Diagonal Loft Club

18.30 – Marcello Balzani :: La malefica materia e il tradimento del paesaggio :: Incontro

21.00 – Muta Imago :: Displace #1 La rabbia rossa :: Spettacolo

22.00 – Paola Bianchi :: Erbarme dich – il primo movimento :: Spettacolo

23.00 – Synusonde – Matteo Ramon Arevalos e Paolo F. Bragaglia :: Yug :: Concerto

Domenica 25 settembre
Deposito ATR, Piazzetta Girolamo Savonarola 6, Forlì
apertura spazio ore 19.30 e aperitivo a cura di Diagonal Loft Club

20.30 – Santasangre :: Sincronie di errori non prevedibili :: Spettacolo

21.15 –  Alessandro Sciarroni :: Your girl :: Spettacolo

22.00 – Valentina Bravetti e Elisa Gandini :: Mein Fenrir [BraunEva] :: Spettacolo

23.00 – Santo Barbaro vs. Elicheinfunzione :: Concerto

– Installazioni –
Ivan Fantini :: Sassi vs Trasmutazione Eucaristica
Ivan Fantini e Valentina Bianchi :: Disordine da veglia
Elisa Gandini :: Oku – Nello spazio più interno
Mandra :: Quanto la sera
Spazi Indecisi :: Proiezioni ortogonali
Gabrio Furani :: Sguardi sul Deposito ATR

Affascinante Metamorfosi

Recensione a La Metamorfosi – Seconda MutazioneCittà di Ebla

La Metamorfosi - Città di Ebla

L’antefatto kafkiano è noto: Gregor Samsa scopre di aver subito una metamorfosi, ritrovandosi ad assumere le sembianze di uno scarafaggio. Uno dei testi più celebri dello scrittore di Praga, nonché uno di quei capolavori immaginifici e concettuali difficili da pensare in una trasposizione teatrale, è stato affrontato con temerarietà e forza visionaria da Città di Ebla. La MetamorfosiSeconda Mutazione è un lavoro essenziale, esteticamente ineccepibile e sonoricamente coinvolgente, che non si limita a tradurre in immagini l’omonimo racconto di Franz Kafka al quale si ispira, ma, al contrario, lo vive nella sua forza più vitale in scena, aprendo a nuovi, possibili significati.

Ideato e diretto da Claudio Angelini – curatore, anche, di un’illuminazione di grande effetto e accuratamente studiata –, lo spettacolo diviene pulsante grazie all’incredibile performer Alessandro Bedosti: un corpo puro, totalmente presente e protagonista, vibrante, potente, in grado di comunicare, con una coreografia corporea poetica e credibile, la metamorfosi subita da Samsa.

Rinchiusosi in bagno per fuggire all’assillo di una segreteria telefonica sintomatica di una vita alto-borghese fatta di rapporti formali, doveri professionali e obblighi famigliari, la sua metamorfosi assume i tratti di una rinascita. Fuggendo alla propria immagine riflessa nello specchio, è nella vasca che il protagonista trova rifugio per poi uscire dall’acqua cambiato. Un’acqua che comincia a trasudare dalle pareti stesse della stanza perfettamente ricostruita in scena: una sorta di liquido amniotico che, avvolgendolo sempre più, lo accompagna nel difficile e sofferto processo di trasformazione. Ma quando la metamorfosi è giunta a compimento, il bagno-box che lo ha protetto ma anche chiuso per tutto il tempo diviene claustrofobico, opprimente, stretto: l’insetto può e deve venire completamente alla luce. Può così abbracciare la nuova forma che ha assunto – non scelto, ma nemmeno subito – nell’immagine ingigantita e scultorea di un insetto, mentre la parete-vetrina della stanza da bagno si tinge di un liquido coagulato che staglia un’ombra sinistra sul finale di quello che sembrava essere un processo non solo di trasformazione ma anche di liberazione. Una conclusione criptica, dalle molteplici possibilità interpretative, chiude un lavoro sicuramente complesso ma che probabilmente non chiede di essere capito – e quindi interpretato – ma semplicemente sperimentato, sentito, percepito. Perché va a sondare negli anfratti più oscuri dell’essere umano e della sua disumanizzazione, nel senso di divenire – o tornare a essere – animale, pura energia corporea, pulsazioni vitali: essere vivente. La vera larva è quella dell’inizio, l’uomo in giacca e cravatta, in poltrona, tediato dalla routine; un corpo sgonfio, vuoto, oppresso: forse il vero “mostro” della storia, nel quale si è trasformato lentamente, senza potersene rendere conto, per poi esplodere in una seconda mutazione.

Visto a Primavera dei Teatri, Castrovillari

Silvia Gatto

La Metamorfosi, Seconda Mutazione – Città di Ebla

31.05.2010 Castrovillari, Festival Primavera dei Teatri. Commenti a caldo del pubblico dopo lo spettacolo La Metamorfosi di Città di Ebla

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