Il 29 giugno ha debuttato al Festival Inteatro di Polverigi lo spettacolo Fight: un progetto particolare ideato e diretto da Iacopo Braca, tra i fondatori di Teatro Sotterraneo, scritto e interpretato da Filippo Paolasini e Alessio Martinoli – insieme con Claudia Domenici che si divide tra palco e aiuto regia. Li abbiamo incontrati e intrapreso un’intervista frammentata, iniziata durante il post-spettacolo nel parco di Villa Nappi – antica sede che ospita il Festival marchigiano – proseguita poi con una chiacchierata skype con Filippo Paolasini e terminata in uno scambio email con Iacopo Braca. Una frammentazione che forse segue e ricalca la struttura stessa dello spettacolo Fight..
Raccontatemi come nasce il progetto Fight, che ha debuttato al Festival di Inteatro dopo una residenza di due settimane. Sicuramente ha origine da un nuovo incontro…
Filippo Paolasini: A settembre 2012, dopo aver preso parte allo spettacolo Il Signor Bruschino diretto da Teatro Sotterraneo per il ROF di Pesaro, Iacopo Braca mi ha proposto di partecipare alla webseries The Scape: io ho accettato subito, pensavo potesse essere un modo per avvicinarmi ancora di più al lavoro di Iacopo e dei Sotterraneo che mi interessava molto.
Durante il primo giorno di lavoro di The Scape ho incontrato Alessio Martinoli: personaggio ombroso di giorno e splendido di notte con cui è partita una chiacchierata durata tre giorni, tra canzoni e racconti di storie passate. Nel frattempo Iacopo stava iniziando un percorso nuovo, lontano dal mondo del teatro.
Alla fine di The Scape abbiamo deciso di partecipare al Premio Scenario: una prima esca lanciata a Iacopo – che dapprima non voleva parteciparvi – ma che poi ha proposto di realizzare un suo sogno. Nel sogno portava una grande palla sulla schiena mentre un’altra persona cercava di fermarlo con il lancio di farina, caffé…Iacopo è un visionario, riesce a filtrare tutto e a renderlo aulico!
Io e Alessio siamo andati a Scenario, abbiamo presentato la scena-chiave del sogno di Iacopo (che è anche la prima scena dello spettacolo Fight, ndr), ma abbiamo puntualizzato sin da subito che la nostra partecipazione aveva il solo scopo di porre tre domande alla giuria: «che rapporto c’è tra pubblico e attore?», «che importanza deve avere il pubblico per l’attore?», «vi siete mai chiesti che funzione avete?». L’ultima ha avuto questa risposta «è la domanda delle domande. Voi ve lo siete mai chiesti?» e noi abbiamo risposto «sì altrimenti non saremmo stati qui».
Il progetto vero e proprio si è consolidato tra febbraio e marzo 2013 quando Iacopo ha deciso di scrivere una scheda di presentazione per la produzione dello spettacolo. Una scheda di otto pagine, tante, troppe, perché tante erano le idee e la voglia di lavorare insieme. Pensavamo a una brandizzazione del progetto e per questo abbiamo avviato delle partnership: Residenza per anziani RSA Il Giglio di Firenze, l’Associazione Treedom – ente che si occupa della riforestazione e per il quale abbiamo creato il nostro Bosco Fight – e PokerStars (investiamo 50 euro nel poker… non si sa mai!).
Il primo tentativo di messa in scena di Fight dopo l’esperienza con Scenario è stato Fight_Un omaggio a Lenny Bruce: una performance da poter fare nei locali in stile Lenny Bruce, comico americano degli Anni ’50 e ’60, passato alla storia per aver piegato i rigidi sistemi del proibizionismo linguistico dell’America di quel periodo. Un’ora di spettacolo in cui parliamo di tematiche legate alla sessualità, alle questioni che ci appartengono in una dimensione di one man show per due attori. Ad Arezzo è venuta a vedere questo spettacolo Claudia Domenici che si è aggiunta al progetto, la cui tappa successiva è stata la 12 ore al Teatro Occupato di Pisa…
Come mai avete pensato di fare uno spettacolo di 12 ore? E come è andato questo passaggio?
F.P. Volevamo uscire dalla logica di “primo studio, secondo studio”…ecc ecc. La voglia era quella di testare del materiale, creando una struttura ampia che potesse permettere di vedere la tenuta scenica e mettersi alla prova, come attori e come uomini. Da qui è nato Fight_12 ore a Pisa.
Il materiale di improvvisazione aveva bisogno di una linea guida e Iacopo si è lasciato affascinare dalla biosofia, la filosofia che studia il ciclo della vita degli esseri umani. Rudolf Steiner definisce dei cicli della durata di 7 anni in cui le cellule tendono a rinnovarsi e noi siamo partiti da qui: abbiamo diviso le 12 ore in cicli di 7 anni, creando, ogni tre ore di spettacolo, un momento di condivisione col pubblico. Le scene dello spettacolo si mescolano a lezioni impartite da un Maestro Shaolin, a un concerto con musica dal vivo, alla vendita di chupiti, a una festa di compleanno, a un convegno sul tema dell’amore con l’intervento di un vero e proprio esperto chiamato appositamente. La 12 ore è stata filmata e i momenti migliori sono stati proiettati proprio come finale. I materiali dello spettacolo Fight. Prologo al Faust sono presi da qui.
Come si lega la vicenda del Faust a Fight? E Fight è una lotta contro che cosa?
F.P. Fight nasce come tentativo di sopravvivenza dell’uomo oggi: come sopravvive l’uomo e come sopravvive l’attore stando in scena? Dando il tutto per tutto, trovando un modo per non risparmiarsi. Vogliamo far suonare in modo fresco la scena: la qualità è onesta, le emozioni sono le nostre; tutto quello che è in scena è frutto della nostra scrittura. Non c’è tempo di cambiarsi: non c’è tempo di velare; noi amiamo mettere a nudo gli attori, non spogliarli, e facciamo sì che le immagini siano sempre interpretate. L’idea è di lasciare degli spazi aperti perché qualcuno si sorprenda… è quasi un gioco per tornar bambini.
Prologo al Faust è un primo movimento, un tentativo di Iacopo di tornare a lavorare sul testo, far risuonare delle parole potenti e antiche dentro un teatro. Il tentativo di sorprendersi e di farsi suggestionare da un territorio oscuro, un modo di rompere e uscire dal nostro passato; un’esigenza di buttarsi e di fare un salto nel vuoto.
La drammaturgia è molto particolare, direi quasi frantumata con al suo interno generi diversi, sketch che portano il pubblico continuamente dentro e fuori lo spettacolo…
F.P. Tutto quello che stavamo creando erano i presupposti di mettere in scena il Faust, un Faust che sognasse: un po’ come il film Eternal Sunshine of the Spotless Mind di Michel Gondry con Jim Carrey e Kate Winslet, in cui le cose che a volte perdi vengono amplificate o diminuite dai sogni, diventano dei ricordi.
La drammaturgia utilizzata è il sogno di Faust, è il sogno dell’immortalità – un uomo che cerca e ricerca attraverso la mente ma che non riesce a risuonare attraverso il cuore.
Fight più che una lotta, sembra un tentativo di sopravvivenza… È un tentativo di rendersi immortale?
Iacopo Braca: Siamo già immortali… Siamo nati da una stella esplosa che vagava nell’universo. Fight è il tentativo di far scontrare due visioni teatrali, mettere in risonanza Faust attraverso una visione, un sogno. L’illusione che ci accompagna quotidianamente, il velo di maya.
Da quello che mi raccontate, sembra che Fight sia legato indissolubilmente alla vostra vita, alla vostra realtà… Quali sono i prossimi passi? Sembra quasi abbia la struttura a episodi…
Filippo Paolasini: Il prossimo step è il matrimonio di Iacopo!
Iacopo Braca: Il fidanzamento di Filippo. La laurea di Claudia. Lo spettacolo di Alessio. Il progetto Fight deve adesso aggiustare dei pezzi e stringere dei bulloni. Lavorare sulla comunicazione e coinvolgere altre persone che hanno voglia ed entusiasmo per promuoverlo e venderlo. C’è ancora tanto da fare e da dire, alle volte bisogna osservare, fermarsi e capire come aggiustare il tiro per fare esplodere il gesto. Se non sai che cosa devi fare con una sedia in scena, rompila!
Intervista a cura di Carlotta Tringali
Altre foto di Fight scattate da Futura Tittaferrante si possono trovare qui