Recensione a Furie de Sanghe – di Fibre Parallele
Suscita una voluta repellenza la giovane compagnia Fibre Parallele portando in scena con Furie de Sanghe una fiaba nera distorta e allo stesso tempo ritratto allucinato di una famiglia barese dove violenza e aggressività contraddistinguono i rapporti interni. Un padre dallo sguardo fisso e maniacale, una zia-befana innamorata di un capitone vivo tenuto in un acquario e un nipote dalla voce stridula e dedito al gratta e vinci sono i personaggi di questa storia: il primo impatto è quello di voler allontanare le immagini così artificiali e allo stesso tempo esageratamente crude che si presentano al pubblico.
All’interno della loro tenda-casa i tre – interpretati rispettivamente da un sorprendente Corrado la Grasta, una convincente Sara Bevilacqua e dal fondatore della compagnia Riccardo Spagnulo – si scambiano battute in un dialetto duro, “mozzicato” e prepotente: non ci sono parole musicali, sembrano scagliarsi pietre verbali, schegge di vetro tagliente che si conficcano inconsapevolmente nel corpo e rimangono lì a provocare dolore. Anche le filastrocche, la ninnananna o la fiaba di Cappuccetto Rosso inserite intelligentemente nel testo scritto dallo stesso Spagnulo si tingono di nero e si riempiono di crudeltà: il lupo mangia la pecorella, si gioca con il mondo facendolo a pezzi, mentre la zia, una moderna strega di Hänsel e Gretel, esamina le rotondità della nuora (la stessa regista Licia Lanera) appena arrivata in famiglia.
Con atteggiamenti volgari espressi non tanto a parole ma da una gestualità e un modo di apparire (che qui coincide con lo stesso essere) esasperatamente sgradevole, questa donna diventa l’oggetto del desiderio più animalesco non solo di Vito, ma anche del padre: è in lui che scatta la Furie de Sanghe, ossia l’emorragia cerebrale accaduta proprio in un momento di violenza imposto alla nuora. L’operazione di Fibre Parallele si rende ancora più interessante perché tutto è volutamente posticcio: si ha una distorsione della realtà, pur rimanendo fortemente radicati in essa, quasi a scavare nella più bassa indole bestiale dell’uomo e dei rapporti tra loro; e da qui allo stesso tempo ci si allontana restituendo dei fotogrammi divertenti e orribili, così stranianti e forse per questo dotati di maggior effetto raccapricciante, come l’emorragia che si esplicita in un getto di sangue finto.
Ad amplificare il senso di allucinato viaggio dentro quest’atmosfera angosciante, in cui non ci si vorrebbe mai ritrovare, ci pensano due elementi che si intrecciano perfettamente: l’utilizzo delle partiture e degli esperimenti vocali di Demetrio Stratos e le luci di Vincent Longuemare, storico collaboratore del Teatro delle Albe – che le stesse Fibre ringraziano apertamente – di cui è impossibile non sentirne la positiva influenza in Furie de Sanghe. Un lavoro completamente diverso rispetto ai precedenti Mangiami l’anima e poi sputala e 2.(DUE): resta da attendere solo un paio di giorni per vedere se con DURAMADRE – in prima nazionale al Festival di B.Motion il 3 settembre – ci sarà un ulteriore salto stilistico con una conseguente piacevole sorpresa.
Visto al Festival Internazionale di Andria Castel dei Mondi 2011, Andria
Carlotta Tringali
Questo contenuto è parte del progetto Situazione Critica
in collaborazione con Teatro e Critica