generazione scenario 2013

Scenario 2013: canti e preghiere della nuova Generazione

Mio figlio era come_8piccola

Mio figlio era come un padre per me_foto Fratelli Dalla Via

Lo scorso dicembre, al Teatro Franco Parenti di Milano, ha debuttato la Generazione Scenario 2013: degli studi scenici di venti minuti dei progetti vincitori e segnalati del Premio che abbiamo seguito nel mese di luglio alla finale svoltasi a Santarcangelo, sono stati presentati ora i lavori compiuti.
Se si parla di prime rappresentazioni «è perché – come si legge nel comunicato dell’Associazione Scenario – il Premio, da questo momento passa il testimone, augurandosi che la scena italiana raccolga la ricchezza dei suoi risultati». Un percorso che nella sua complessità affascina e incuriosisce: il progetto nazionale infatti, attento ai linguaggi teatrali delle nuove generazioni, si sviluppa attraverso tappe di selezione (dalla fase Istruttoria affidata a Commissioni zonali, alla Finale) consentendo ai giovani artisti di accostare la creazione artistica a importanti momenti di incontro e confronto con i soggetti teatrali che costituiscono il gruppo associato di Scenario.
Questa è la storia – forse pretenziosa nel tentativo di unire brevità e chiarezza – del Premio che, giunto oggi alla 14esima edizione, ha contribuito a fare emergere artisti quali Emma Dante, Babilonia Teatri, Scena Verticale, Teatro Sotterraneo, Anagoor e molti altri.
Il processo del Premio ha reso possibile la visione degli studi scenici con appuntamenti aperti al pubblico nelle diverse fasi di creazione e al debutto milanese ha messo in luce una co-responsabilità, tanto degli artisti quanto degli spettatori, nella lettura della contemporaneità attraverso il linguaggio teatrale. A coloro che fino a questo momento hanno incontrato e selezionato i progetti, i membri dell’Associazione, è legato invece, anche se solo in forma di buon senso e non di regolamento, l’interessante percorso di accompagnamento che molteplici realtà hanno deciso di intraprendere con le compagnie selezionate.

Tornando a Milano, il dialogo ha riguardato principalmente scena e platea. Stazionare, lasciarsi guidare dai tempi di passaggio da un lavoro all’altro, guardare e ascoltare i protagonisti, comprendendo inoltre le difficoltà tecniche in una così complessa organizzazione, ha caratterizzato la giornata in cui sono stati presentati tutti e quattro gli spettacoli. Ben lontano da una maratona teatrale, l’evento al Franco Parenti si è rivelato fondamentale per comprendere cosa si intenda per “passaggio di testimone”: dalla finale al debutto i lavori si sono ridefiniti, sono cresciuti, hanno in alcuni casi dissolto ipotesi di sviluppo di coloro che ne avevano immaginato una conclusione a Santarcangelo ma, ancora più importante, la consequenzialità ha consentito di porre in risalto la corrispondenza di tematiche e poetiche nei diversi progetti che ha portato la Giuria a declamare i vincitori.

M.e.d.e.a. Big Oil_foto marie roual_Collettivo InternoEnki

M.E.D.E.A. Big Oil_foto Marie Roual

I concetti di religione e di tempo sembrano emergere con forza dalla visione: dal Gesù Cristo che “quatto quatto” ha abbandonato la terra lucana in M.E.D.E.A. Big Oil del Collettivo InternoEnki alle preghiere che si susseguono nei diversi lavori, una fede atea si presenta sulla scena in contrapposizione a una sfiducia apatica, inaccettabile per questi sguardi sul presente.
Elemento peculiare per la drammaturgia della Generazione Scenario 2013 è il recupero di una forma di scrittura permeata di crudezza e ironia che oltre a trarre riferimenti dai linguaggi mediatici dell’oggi consente uno slittamento di significato attraverso l’adattamento di testi religiosi: la parola si accosta all’energia esplosiva del gesto e sentimenti quali il dolore, l’ira, la paura e la rabbia trovano espressione nella reinterpretazione di preghiere e canti.
Il Padre Nostro che ha come soggetto un padre di famiglia, falegname e imprenditore veneto, nella riscrittura dei Fratelli Dalla Via di Mio Figlio era come un padre per me; il canto corale degli invitati alla festa di matrimonio in trenofermo a-Katzelmacher di nO (Dance first. Think later) con cui si declama tutta la rabbia provata per coloro che non sono benvenuti alle nozze; la preghiera di M.E.D.E.A. Big Oil con cui l’autrice Terry Paternoster recupera un legame profondo tra terra e cielo, fede e vita, sono la reinterpretazione di filastrocche dal carattere religioso per esprimere enunciati di ribellione grazie alla ritmicità delle parole.

Nei tre lavori finora citati si imprime con altrettanta incisività il concetto di tempo nello sviluppo scenico dello spettacolo. Il vincitore Mio figlio era come un padre per me, un’istantanea amara di un nordest che sta attraversando una crisi economica, sociale e generazionale, presenta Marta e Diego Dalla Via – autori e interpreti – immobili pur nella frenesia di un movimento inquieto, per noia o insofferenza. Gesticolazioni ampie, passi ginnici, movimentazione della scenografia a vista – pile di cassette d’acqua a formare totem o croci, simboli che rimandano al discorso religioso – accostati a un linguaggio diretto e spezzato, forte e incisivo in un tempo sospeso.
Circolare, a tratti ridondante ma certamente emozionante, è la ritualità che caratterizza M.E.D.E.A. Big Oil. Terry Paternoster alla guida del Collettivo InternoEnki, vincitore del Premio Scenario per Ustica, fornisce una cruda rappresentazione della Basilicata odierna attraverso la rielaborazione del mito di Medea. In un luogo devastato dalle trivellazioni, in cui la Madre-Terra sembra ora tradire e avvelenare i suoi abitanti, il gruppo presenta con forza il parallelismo tra ostinazione e impossibilità di reazione grazie all’alternanza di coralità e singolarità. Dalla voce che si infrange in un sottofondo di lamentazione, all’apertura e chiusura che scandisce la coreografia, la struttura del lavoro si sviluppa per quadri, presentando un ritmo fortemente dettato.
Bloccati, nel vero senso della parola, sono invece i ragazzi di trenofermo a-Katzelmacher, il lavoro riconosciuto con una segnalazione speciale del Premio Scenario 2013. Nella riscrittura del testo di Fassbinder, la compagnia nO (Dance first. Think later) utilizza il dialetto privandolo di qualsiasi velleità poetica o teatrale, le barriere che dividono teatro e realtà vengono frantumate per restituire lo spaccato di un paese del Sud in cui qualunque cosa può accadere senza lasciare traccia. Vecchi binari di una ferrovia, un altoparlante e dieci attori per raccontare l’evanescenza e la fragilità umana e sociale.

W (prova di resistenza)_foto di tomaso mario bolis_Beatr (2)

W (prova di resistenza)_foto Tomaso Mario Bolis

L’ulteriore segnalazione speciale è andata a W (prova di resistenza) di Beatrice Baruffini a cui non è stato fatto ancora riferimento. Se la visione degli spettacoli finora presentati ha consentito di tracciare facilmente dei punti di relazione e contatto con la contemporaneità, questo lavoro segna innanzitutto una distanza temporale, raccontando la resistenza degli abitanti di Parma all’aggressione dei fascisti guidati da Italo Balbo nel 1922. Ma a fare la differenza non è stata unicamente la tematica trattata: sul palcoscenico del Franco Parenti la poesia e la delicatezza che aveva caratterizzato il progetto alla finale di Santarcangelo ha risentito della dilatazione e l’autrice e interprete parmense non è riuscita a raggiungere il pubblico con la stessa energia. Se «capita raramente – come recita la voce narrante di W (prova di resistenza) – che un intero gruppo di mattoni forati riesca a resistere a un carico studiato apposta per sgretolarli. Quando questo succede è una rivoluzione», lo stesso augurio è rivolto alla Generazione Scenario 2013.

Elena Conti

Gli articoli sulla Generazione Scenario 2013:
Premio Scenario 2013: sguardi rivolti alla contemporaneità
→ Intervista alla Generazione Scenario 2013
Souvenir#1 dal Premio Scenario 2013
Souvenir#2 dal Premio Scenario 2013

Souvenir#1 dal Premio Scenario 2013

Sono sette. Presentano lavori corali e soli. Vengono dal Veneto, dalla Basilicata, da Roma. Hanno partecipato alla finale del Premio Scenario 2013. Parlano della provincia, del sud e del nord est, affrontano prove di resistenza, sono soli e disambientati, hanno la rabbia del branco. Fra di loro ci sono i segnalati della Generazione Scenario, i vincitori del Premio Ustica e  i vincitori del Premio Scenario. Dai lavori visti a B.Motion, ancora in progress, abbiamo rubato immagini, frasi, suggestioni. Un souvenir dal Premio Scenario 2013. Dalla serata di mercoledì 28 agosto i Fratelli Dalla Via, Valerio Malorni, Silvia Costa & Giacomo Garrafoni, Ilaria Dalle Donne.

polenta Fratelli Dalla Via Mio figlio era come un padre per me
primo studio / VINCITORE PREMIO SCENARIO 2013

Dieci boeri al giorno. Polenta istantanea. Giri di spritz. È la dieta di una generazione che ha fame, che vuole ingoiare i padri e prendere il loro posto. Non per aspirazione borghese. Non per appropriarsi dei beni, dei privilegi, degli immobili. Non per possedere ma per proseguire. Non per guadagnare ma per lavorare. Figli in eterno, progenie marcia di un nordest virtuoso, che prima ha lavorato, poi ha risparmiato, e infine ha sfondato, lasciando in eredità pile di cassette di plastica. Giri di spritz: scolare. Polenta istantanea: mordere. Boeri: inghiottire senza gustare. Ingerire senza assimilare. Lasciarsi vivere. O gettarsi sui binari. Noncuranti di chi quel treno lo prende per tirare a campare.

ramo Silvia Costa & Giacomo Garaffoni Quello che di più grande l’uomo ha realizzato sulla terra
primo studio / FINALISTA PREMIO SCENARIO 2013

«È come se ci chiedessero di descrivere a un cieco che cos’è una cattedrale». Silvia Costa sceglie queste parole di Carver per avvicinare il tema del suo ultimo lavoro Quello che di più grande l’uomo ha realizzato sulla terra: quei «grandi compiti dell’esistenza» che è impossibile afferrare del tutto con gesti o parole. Lo studio si muove proprio lungo questi fronti: qualcosa di estremamente famigliare – la modularità della forma del cubo, gli abiti di colori tenui, le sfumature di luce, le relazioni fra le persone – diventa un mistero di densità estrema, difficile da sgrovigliare. Ma tale dimensione enigmatica non è mai esplicitata, didascalica, dichiarata; piuttosto è una presenza latente, di cui si avvertono tensione e potenza, sempre in agguato dietro l’angolo.

OrologioMalorni

Valerio Malorni L’Arca è di Noé
primo studio / FINALISTA PREMIO SCENARIO 2013

Lancette segnano il tempo che scorre. Scorre inesorabile per Valerio Malorni che in scena sa, e dichiara spassionatamente, di avere poco tempo. Poco tempo per capire che fare della sua vita, per esprimere il suo malessere, per decidere se restare in Italia o se andare a Berlino. Tutti a Berlino. Poco tempo per leggere un libro che spiega come poter sopravvivere nella capitale tedesca. Per chiarirsi le idee, se gettare tutto ciò che si è costruito in 30 anni e ricominciare in un altro posto, in un altro Paese, con un’altra lingua, da zero. E soli 30 secondi per decidere cosa salvare della propria vita, immersa nel diluvio. Come Noé a 600 anni. Come la generazione italiana dei trentenni di oggi.

elettrocardiogramma_Quadrato

Ilaria Dalle DonneAlice disambientata
primo studio / FINALISTA PREMIO SCENARIO 2013

Polsi fasciati con bende da pugilato, una corda, un ring delimitato agli angoli da quattro fari e una lattina di redbull. Alice on stage round 1. 2. 3. Ad occupare un ipotetico spazio di scontro solo Ilaria Dalle Donne, a terra lo scotch disegna una linea discontinua che ricorda la frequenza di un elettrocardiogramma: è il percorso che la performer attraverserà durante il lavoro; è il tracciato del suo viaggio. Il ritmo scenico e musicale immettono alle viscere di Alice. Scuote e disorienta lo smarrimento di colei che, mentre cerca riparo là dove “everything is fine”, proietta la sua ombra verso il prossimo round, aggrappata al compagno di viaggio ormai senza vita: un nastro stringe il (bian-)coniglio alla sua schiena lasciando che i due corpi divengano una sola cosa. In heaven everyting is fine.