iperscene 2 jacopo lanteri

Avvicinarsi alle (Iper)scene (2)

Presentazione del volume Iperscene 2 – a cura di Jacopo Lanteri

Iperscene 2, alla presentazione alla Fondazione di Venezia il 27 gennaio – con Enrico Bettinello, direttore del Teatro Fondamenta Nuove, e Carlo Mangolini di OperaEstate – viene proposto, da Jacopo Lanteri, il curatore del volume, come una “foto di classe”: un tentativo di incontrare sulla carta, così come avviene sulla scena, alcuni gruppi della scena teatrale contemporanea italiana.

Iperscene2

È un volume che, certo nato sulla scia del precedente, ne accoglie le eredità ma, allo stesso tempo, si impegna ad amplificare le differenze. Il rapporto libro-scena è immediato: Iperscene nasceva dal  festival Ipercorpo e raccoglieva materiali di un gruppo di compagnie – Città di Ebla, Cosmesi, gruppo nanou, Ooffouro, Santasangre – che vi avevano partecipato. Poteva essere una specie di diario espanso e rappresentava anche la materializzazione della rete che si era creata in seguito. Dell’auto-imprenditorialità e della ricerca di spazi altri (fisici, ma anche distributivi e produttivi) di quell’epoca – sì, solo 3 o 4 anni fa – non c’è traccia in Iperscene 2, un volume che nasce dal desiderio di Paolo Ruffini, il curatore della collana, di andare avanti e di fotografare il panorama teatrale italiano. E che, come sottolinea Jacopo Lanteri, ha una composizione curatoriale, obbligatoriamente “affettiva”: un libro di interviste, saggi e foto – ma anche di materiali curiosi proposti dalle compagnie stesse, fra schemi, disegni, manifesti – che vuole fare i conti con il teatro contemporaneo da vicino, appunto, una specie di “foto di classe” della ricerca performativa italiana, in cui qualcuno poteva essere assente, qualcun altro invece c’era. Ma – ed è ancora il curatore del volume a sottolinearlo – le ragioni della scelta non sono così banali, ed è stato questo genere di interrogativi a muovere la creazione del libro, fra punti di vicinanza da cercare e allontanamenti da segnare. E, così come sulla scena, anche nelle sezioni di Iperscene 2 si avverte una vivacissima tensione fatta di consonanze e contrapposizioni. Il libro, dunque, non è un quaderno, un diario, un documento o un documentario – nessuna di queste cose che forse potevano appartenere al primo volume – ma si presenta come un racconto, un percorso in un certo senso volutamente narrativo, della scena performativa contemporanea.
È difficile motivare, in uno stesso orientamento, la presenza, assieme, di artisti come Teatro Sotterraneo, Sonia Brunelli, Ambra Senatore, Muta Imago, Pathosformel, Babilonia Teatri, Dewey Dell – queste le compagnie presentate nel volume. Ma, al di là delle estetiche, i punti in comune esistono e Jacopo Lanteri ha cercato di individuarli e farli emergere nel suo percorso editoriale: uno di questi, dice durante la presentazione, si trova nella parola “necessità”, che, ricorda Enrico Bettinello, non a caso, è anche parte del sottotitolo della rassegna teatrale di Fondamenta Nuove. Un termine di riferimento non così scontato, che può diventare anche dato generazionale, indicativo di percorsi che trovano nel fare artistico una possibilità di esistenza in vita. Come emerge successivamente nel dibattito, sono tutte compagnie attente al rapporto, in senso stretto, con il pubblico, molto più attente delle generazioni precedenti. E si tratta di artisti che, sempre in contrasto con le precedenti generazioni del nuovo teatro, forse non sono destinate a rimanere “gggiovani” per sempre, ma già, a pochi anni dall’esordio, vengono sostenute da circuiti più solidi e, in qualche caso, addirittura abbordate dal teatro ufficiale.
Alla lettura, resta il compito di approfondire tematiche e suggestioni offerte dalle compagnie stesse e da diversi critici che ne accompagnano la presentazione, di attraversare il percorso proposto fra distinzioni e comunanze, o di costruire un proprio personalissimo itinerario, fra il teatro visto di persona e quello avvicinato in queste conversazioni, in una rinnovata relazione fra scena e platea. È questa, forse, una delle forze più eclatanti di Iperscene 2: composto con cura, agile e diretto pur nelle svariate aperture dentro e oltre la scena, nella vivace eterogeneità (dei materiali, dei profili, dei discorsi) è un libro che si dà al suo lettore che, proprio come un dono, può accoglierlo, custodirne gli spunti e riportarli a sé, collocandoli nel proprio personale attraversamento di questo e altro teatro, esistente o che si ha ancora solo in mente.

Roberta Ferraresi