A Contemporanea Festival 2016, la quarta delle “conferenze brevi incastrate tra musica e lettura” Four Little Packages di Claudio Morganti – passaggio più recente delle sue riflessioni sul teatro che ormai da diversi anni si svolgono al festival nei sotterranei del Teatro Magnolfi – ha come oggetto lo spettatore. Di nuovo Morganti indaga il senso e la sostanza del teatro, ragionando davanti al proprio pubblico, supportando il discorso con pezzi di musica, filmati e per finire l’intervento di Attilio Scarpellini, che discute “dell’abbraccio fatale”, della confusione fra realtà e spettacolo. Il critico porta singolari esempi in cui il limite fra l’una e l’altro è stato – volontariamente o meno – abbattuto e il correlato pensiero di importanti teorici del Novecento: siamo tutti spettatori, ipotizzava Guy Debord nella Società dello spettacolo; siamo tutti attori, gli faceva eco più tardi Jean Baudrillard, in fondo senza contraddirlo. In realtà, unendo gli estremi di un ragionamento tutto sommato coerente sulla situazione attuale fra spettacolo e realtà, siamo tutti attori e tutti spettatori, sempre, allo stesso tempo. E un implicazione-chiave del discorso è che se tutto è diventato spettacolo è naturale che non ci sia più spazio per la scena in senso stretto.
La riflessione potrebbe essere presa senza forzature come manifesto dell’ultimo fine settimana del festival Contemporanea di Prato.
Siamo tutti attori, siamo tutti spettatori
È difficile trovare nella programmazione del festival qualche proposta che non preveda il coinvolgimento del pubblico, che viene declinato in vari modi e gradi nelle diverse performance.