Approfondimento del laboratorio Cuore tenuto da Anagoor al Teatro Fondamenta Nuove di Venezia
Pulsazione, ritmo, ma anche sede privilegiata, per tradizione, dei sentimenti e delle emozioni: il Cuore viene, così, eletto dalla compagnia Anagoor a metafora e sintesi dell’allenamento del performer. E per l’omonimo laboratorio condotto negli spazi del Teatro Fondamenta Nuove, in collaborazione con Giovani a Teatro della Fondazione di Venezia, a un piccolo gruppo di studenti viene data la possibilità di sperimentare il training che la compagnia impiega abitualmente nel suo processo di ricerca.
Simone Derai – al quale è affidata la direzione del laboratorio con la collaborazione di Marco Menegoni e Moreno Callegari – svela fin da subito le sue “origini” che affondano nel Teatro Settimo e nelle figure di Mirko Artuso, Laura Curino e Gabriele Vacis, riproponendone “la schiera” come training di partenza del lavoro con i ragazzi. In fila l’uno affianco all’altro, i passi di dieci ragazzi si trasformano lentamente in quelli di un unico corpo: il semplice camminare in sincronia diviene elemento base per il sentire ed il muoversi di un gruppo e strumento privilegiato di concentrazione. Solo dopo aver trovato la compattezza ci si possono permettere delle singole variazioni; una volta che il ritmo è condiviso e fatto proprio da tutti i membri, l’iniziativa personale è libera di agire all’interno di quelle pulsazioni comuni.
Parallelo e complementare al lavoro della schiera è la ricerca di un’intensità ed un’emozionalità sentite e restituite dall’intero gruppo. Attraverso un lavoro di virtuali e molteplici specchi, i partecipanti si muovono nello spazio compatti, imitandosi a vicenda alla ricerca di un gesto ed un incedere comuni.
Il lavoro di mimesi – intesa non come imitazione pedissequa di una postura, ma come restituzione fisica di un’emozione trasmessa dal gesto a cui si deve far riferimento – viene portato avanti, oltre che a coppie o in gruppo, anche in relazione a delle immagini: ai partecipanti era stato infatti richiesto di presentarsi in teatro con “un’icona di riferimento” che per loro avesse una qualche rilevanza.
Come i nostri lontani antenati, nella notte dei tempi, osservando il cielo hanno unito con l’immaginazione stelle tra loro lontanissime disegnando nella volta celeste animali, figure umane, miti e storie, così gli Anagoor chiedono di trattare le immagini raccolte. I ragazzi compongono le loro personali ed emotive costellazioni, che vedono collegata alla Pietà di Michelangelo magari un’immagine di superman, e poco più in là l’Urlo di Munch, o il Marat di David insieme ad Arlecchino. Queste mappe di immagini accompagnano i ragazzi tutti i tre giorni di laboratorio e divengono fonte di ispirazione per la ricerca emotiva di una gestualità, in scena, carica di senso e sentimento. Una gestualità che fa dell’equilibrio e dell’appoggio i suoi canoni fisici privilegiati per poter passare dal lavoro individuale (in cui il performer interagisce con un muro) a quello collettivo – con il contatto fisico.
Tre lavori paralleli, quindi, che trovano il loro punto di contatto in una costante ricerca di una pulsazione comune, solo dalla quale può prendere vita un atto scenico sincero ed emozionante.
Silvia Gatto