In occasione di Luoghi Comuni Festival/Spring Plenary Meeting IETM 2015 abbiamo intervistato Nan Van Houte, direttrice del network IETM che si riunisce a Bergamo dal 23 al 26 aprile. IETM è una rete internazionale di circa 500 organizzazioni che si occupano a vario titolo di arti performative contemporanee ed ha come scopo principale quello di facilitare lo scambio e l’interazione tra le varie realtà che la compongono.
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Cosa si aspetta dal meeting IETM di Bergamo?
È sempre difficile dire cosa aspettarsi da un Plenary Meeting IETM. L’incontro di Bergamo presenta una gran varietà di working sessions su temi interessanti e cruciali, diversi format allettanti per incontrare colleghi internazionali e una grande offerta di spettacoli e itinerari artistici. Il programma è concepito in stretta collaborazione tra l’ufficio di Bruxelles e gli organizzatori locali di Être, che conoscono il contesto italiano molto bene.
Al tempo stesso, dipendiamo totalmente dai nostri membri, dai partecipanti: sta a loro il 50% del successo. Se avranno un buon atteggiamento, se contribuiranno alle discussioni (e perché non dovrebbero?), siamo sicuri che sarà un grande meeting, con molti partecipanti soddisfatti che andranno a spasso per la meravigliosa Bergamo Alta.
Quante organizzazioni del Sud Europa partecipano a IETM? Rispetto alle organizzazioni del Nord Europa, è più difficile per loro prendere parte al network?
È decisamente più difficile partecipare a un meeting IETM se si ha a disposizione un piccolo budget. Questa difficoltà non è necessariamente connessa a una regione, ma ovviamente abbiamo constatato che la crisi ha colpito maggiormente l’area del Mediterraneo rispetto al Nord-Ovest d’Europa.
Per compensare i tagli di budget, IETM sta cercando di organizzare uno dei suoi due meeting annuali in uno di questi Paesi.
Inoltre, abbiamo una strategia di borse di viaggio, sostenuta dalle nostre quote associative annuali e dal contributo di Creative Europe, che ci permette di aiutare quei membri che non possono permettersi i costi di viaggio e alloggio per partecipare alle nostre attività. E da diversi anni ormai abbiamo il sostegno dell’Istituto Francese di Belgrado che supporta le persone provenienti dall’area balcanica.
Al momento ci sono 85 organizzazioni dall’area del Mediterraneo e del Mar Nero (su 500 in totale). Negli ultimi anni abbiamo organizzato i meeting in Grecia e Bulgaria dove abbiamo potuto raggiungere molte organizzazioni oltre ai nostri membri. Lo stesso varrà per il meeting italiano.
Quali sono gli scopi di IETM per il futuro? Cosa volete realizzare nei prossimi anni?
IETM mira a rafforzare le arti performative contemporanee nella loro pratica quotidiana, fornisce opportunità per collaborazioni internazionali e la mobilità degli artisti, ed è un ambasciatore delle suddette arti in diverse piattaforme.
I nostri membri stanno facendo fronte a molte sfide in questo momento, quindi rafforzarle ora è molto più complesso rispetto a dieci anni fa. Cerchiamo di aiutare le organizzazioni ad adattarsi alle misure dell’austerità e ai tagli di budget, fornendo loro informazioni e occasioni di workshop su come creare nuove strutture manageriali, modelli di business e su come trovare risorse alternative. Facciamo emergere buone pratiche nel campo delle digital arts intese come compagne delle performing arts, allo stesso modo facciamo ricerca sull’impatto della digitalizzazione sul comportamento dei nostri pubblici, ecc… Discutiamo e informiamo sulle minacce alla democrazia e alla libertà di espressione, attiriamo l’attenzione sugli impatti positivi delle pratiche artistiche che coinvolgono gruppi o comunità minacciate da tendenze nazionaliste, politiche protezioniste o fanatismo religioso.
E, nel frattempo, tentiamo di influenzare i decisori perché si rendano conto del valore dell’arte in un’era che vede l’economia come il maggior motore e la via di salvezza del genere umano.
Commissioniamo ricerche e pubblicazioni, offriamo programmi formativi e, prima di tutto, costruiamo ponti, facciamo incontrare e uniamo le persone, perché siamo convinti che un meeting internazionale sia il modo migliore per far muovere la gente, sia fisicamente che mentalmente e nelle sue attività.
Infine, ovviamente, vorremmo vedere le arti performative contemporanee riconosciute in ogni parte d’Europa come una forma d’arte estremamente umana, che aiuta la società ad imparare, a dare valore all’imprevisto e ad affrontarlo meglio.
Dal suo particolare osservatorio, che impatto ha avuto la crisi finanziaria sulle organizzazioni culturali?
La crisi ha colpito il settore artistico in modo non uniforme e credo che tra i vari settori quello che ha ricevuto il colpo più duro sia proprio il settore delle arti performative contemporanee.
In alcuni Paesi, dove le arti contemporanee sono rappresentate solo dal cosiddetto settore “indipendente”, le compagnie hanno perso tutto il loro supporto pubblico.
È fantastico vedere come, stando ai nostri dati, i numeri di pubblico non siano crollati. Ma questo non compensa i sussidi persi e i budget ridotti che hanno ovviamente un impatto, sia artisticamente che dal punto di vista gestionale e organizzativo: assistiamo a una riduzione dei costi che si concretizza in più assoli, più collaborazioni con non professionisti, più performance in spazi pubblici (che hanno il merito di raggiungere nuovi spettatori, non solo di ridurre i costi). Inoltre, per quanto riguarda le risorse umane… molti si stanno esaurendo.
Cosa si aspetta dal teatro italiano che vedrà a Bergamo?
Sono emozionata di avere l’opportunità di conoscere questo campo un po’ meglio. Devo ammettere che ho perso la cognizione di molte compagnie negli anni ’90, ad eccezione di pochi artisti molto conosciuti.
Intervista a cura di Margherita Gallo
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