Il CSC Casa della Danza di Bassano del Grappa, assieme all’Azienda Sanitaria bassanese e al CPV di Vicenza con il sostegno della Regione Veneto/ Fondo Sociale Europeo, è l’ente promotore di un progetto innovativo, presentato al Museo Civico della città il 14 novembre scorso, che promuove un percorso di formazione per danzatori con l’obiettivo di prepararli a gestire laboratori e lezioni di danza rivolti ai malati di Parkinson.
Cosa succede nella mente, e di conseguenza nei movimenti, di questi pazienti se li si cala in un contesto che non ha nulla a che vedere con la riabilitazione, la fisioterapia o la cura ospedaliera? Gli ingredienti del progetto sono tanto semplici quanto dirompenti nei risultati: malati e danzatori assieme, un luogo creativo, come un museo o un teatro, un team che conduce la lezione e della musica a dare il ritmo. Il principio cardine sta nell’uso delle potenzialità espressive e creative della danza, nei suoi movimenti non finalizzati ad alcuna utilità e nella sua componente giocosa e ludica. Far danzare assieme malati e danzatori professionisti permette ai pazienti di non sentirsi tra persone debilitate o in difficoltà, ma anzi di percepirsi come danzatori anch’essi.
Durante lo sviluppo di Act Your Age, il progetto europeo che ha visto danzatori e coreografi confrontarsi con il tema dell’età e dell’invecchiamento attivo, si è svolta proprio a Bassano nel maggio di quest’anno, al CSC Garage Nardini, un’iniziativa pilota in collaborazione con il centro Dance for Health and Parkinson di Rotterdam e il Nederlandse Dansdagen di Maastricht: 13 pazienti affetti dal morbo di Parkinson, alcuni membri del reparto di Neurologia dell’Azienda sanitaria bassanese diretto dal dottor Alessandro Burlina, danzatori professionisti e insegnanti di danza che per una settimana hanno sperimentato la tecnica guidati da Mark Vlemmix (NL) e Andrew Greenwood (Uk).
Sono gli stessi Mark e Andrew, curatori e realizzatori del progetto olandese, a raccontare l’esperienza di quella prima settimana di lavoro a Bassano, citando il caso emblematico di Antonio, un paziente arrivato al Garage Nardini il primo giorno aiutato da un bastone e accompagnato dalla moglie. Già dal giorno successivo il sostegno della moglie si è rivelato superfluo e il terzo giorno il bastone è rimasto, dimenticato, su una sedia del Garage al termine della lezione.
I risultati, tangibili fin da subito, hanno spinto i pazienti ad avanzare la richiesta di dare continuità all’iniziativa, attivando un percorso di formazione rivolto a danzatori e professionisti della danza che possano acquisire il metodo del centro olandese e continuare la pratica a beneficio dei malati di Parkinson locali. È stato dunque presentato il progetto di formazione, in risposta a un Bando di Mobilità Transnazionale e Interregionale Professionalizzante della Regione Veneto sul Por 2007-2013 Fondo Sociale Europeo, in partnership con il CPV Centro di Produttività Veneto, destinato a 11 persone occupate nell’area della danza contemporanea.
Il percorso prevede una prima settimana intensiva di lavoro che ha già avuto luogo a Bassano e successivamente una serie di occasioni di studio e tirocinio in Olanda, tra Maastricht e Rotterdam in collaborazione rispettivamente con il centro Nederlandse Dansdagen e il centro Dance for Health & Parkinson.
Partendo dalla constatazione che la creatività è l’opposto dell’inattività, il progetto intende indagare l’impatto che la pratica regolare della danza può avere sullo sviluppo della malattia e sulla qualità di movimento e quindi sulla qualità della vita dei malati. A questo proposito, la parola “danzaterapia” risulta fuorviante perché non di pratica terapeutica si tratta, ma di un vero e proprio processo creativo che stimola l’attività mentale e fisica, attraverso l’uso dell’arte coreutica, con l’obiettivo di migliorare l’equilibrio, il senso del ritmo, il movimento e lo sviluppo delle relazioni interpersonali. Vi è inoltre un secondo aspetto da considerare: l’incidenza della malattia in fasce d’età sempre più precoci – sta infatti aumentando il numero di persone colpite dal morbo tra i 40 e i 50 anni e risulta quindi sempre più necessario adottare tecniche che rallentino il più possibile la progressione della malattia, consentendo di condurre una vita attiva a partire proprio dall’esperienza creativa.
Margherita Gallo