Recensione a Mangiami l’anima e poi sputala – Fibre Parallele
Altarini e immagini religiose da venerare, programmi radiofonici di preghiere e ossessioni spirituali, un Cristo in croce e una stereotipata donna meridionale vestita di nero. Non è una messa cristiana. Non è una sacra rappresentazione. Mangiami l’anima e poi sputala del giovane gruppo pugliese Fibre Parallele è il ritratto di un vissuto di coppia, di un innamoramento che nasce e poi esplode, ma che si mescola con dogmi religiosi mandandoli in cortocircuito. Prendendo le mosse dalla passione di Cristo e ribaltandola, i fondatori della compagnia Licia Lanera e Riccardo Spagnulo sono due personaggi, non del tutto sconosciuti – fra tradizione biblica e luoghi comuni – che si incontrano: lei, sola e devota, invoca chi sulla croce è morto immolandosiper amore; lui si pulisce le macchie di sangue che hanno identificato il suo costato per più di duemila anni e scende dalla croce per rispondere alla chiamata della povera donna. È l’inizio di un amore e, proprio come dice timidamente Licia Lanera «i fiori spuntano dalle crepe dell’asfalto»; nessuno se lo aspetta: se Cristo è una sorta di zingaro dall’accento slavo, più dedito alle passioni carnali che a una divina spiritualità, la protagonista femminile personifica tutti gli stereotipi di un Meridione fortemente attaccato alla religione e dalla devozione assidua.
I bravi attori divertono con la loro irriverenza mettendo in scena un Gesù che cerca una sigaretta, si piazza sulla poltrona di casa della giovane, sfrutta la sua cucina; ma allo stesso tempo tenta di liberarla dalla sua ristrettezza mentale, cercando di farle ascoltare le proprie pulsioni: sembra riuscirvi a tratti, in momenti pieni di ironia, convincendola che il loro è un vero amore che va consumato e vissuto a pieno. Ma neanche Cristo riesce a far cambiare idea alla donna che dopo essersi concessa massacra senza pietà con una mannaia il corpo del figlio di Dio che vive per una seconda volta la sua storia, la sua passione, tornando così sulla croce. Tra canzoni kitsch e romantiche, trasmissioni radiofoniche religiose date da preghiere e ossessioni spirituali, momenti di ilarità ed emozioni – in cui vien fuori tutta la solitudine di una donna cresciuta tra dogmi e bigottismo – Mangiami l’anima e poi sputala riesce a stupire, divertire e insieme far riflettere su quelle imposizioni moraliche continuano a dettare legge nella vita di molti.
Visto al Teatro Fondamenta Nuove, Venezia
Carlotta Tringali