Ottenuto il sospirato sì, Luca disperde lo sguardo lontano come per inseguire una visione incantevole: un Presepe grande come il mondo, sul quale scorge un brulichio festoso di uomini veri, ma piccoli piccoli, che si danno un da fare incredibile per giungere in fretta alla capanna, dove un vero asinello e una vera mucca, piccoli anch’essi come gli uomini, stanno riscaldando con i loro fiati un Gesù Bambino grande grande che palpita e piange, come piangerebbe un qualunque neonato piccolo piccolo…
Per molti napoletani, Eduardo De Filippo, di cui nel 2014 si celebra il 30ennale della scomparsa, si può dire sia stato davvero una “figura parentale”. Lo stesso Peppe Servillo ha spesso raccontato come, fin dall’età di cinque anni, di Eduardo ne sentiva parlare in famiglia: le sue battute più famose circolavano in casa e a lui si faceva riferimento attraverso il comportamento di certi suoi personaggi tanto che «Ha da passà ‘a nuttata», memorabile battuta in Napoli milionaria, è diventata “sigillo filosofico al malessere e al male che gli eventi avevano prodotto nel cuore di ciascuno” e in Natale in casa Cupiello quel sarcastico «È una serva tua madre? Tua madre non serve!» è ancora oggi beffardo manifesto di tanti esasperati padri/mariti.
È stato così anche nell’infanzia di Fausto Russo Alesi, attore talentuoso che napoletano non è, ma che, nel cercare un modo innovativo di accostarsi a un monumento drammaturgico ha scelto il più folle e temerario: mettere in scena la sua commedia più nota “in solitaria”, interpretando, o meglio attraversando, nove personaggi più voci fuori campo e voce narrante.
È così che Natale in casa Cupiello, prodotto dal Piccolo Teatro, ha debuttato lo scorso anno al Teatro Studio e qui è ritornato quest’anno, dopo una tournée che ha toccato anche Napoli e Salerno, salutato dal pubblico – che con afono sibilare ha accompagnato la performance, ripetendo battute conosciute a memoria – come “una liberazione dalle vetuste messinscene veriste”.
Un successo teatrale per un attore di “una bravura persino un po’ mostruosa” che – come nota Renato Palazzi – «nel suo sfoggio di funambolismo interpretativo si moltiplica con sorprendente disinvoltura senza perdere un colpo, senza un indugio, una caduta di tensione», proiettando il testo come in «una dimensione sottovuoto».
«Perché in fondo – spiega Fausto Russo Alesi nelle note di regia – si tratta di una commedia delle solitudini, dove tutti parlano con tutti ma nessuno ascolta, si confronta con l’altro. Non si tratta di dialoghi ma di monologhi. Ho sfruttato l’estrema musicalità del testo, l’ho usato come una partitura modulando toni, pause e intermezzi».
La “commedia affatata”, come la definiva De Filippo, si svolge su una pedana da cantiere edile squarciata nel mezzo, una casa terremotata, pericolante come gli affetti della famiglia Cupiello. Una scena evocativa – a opera di Marco Rossi – in cui il presepe non si vede mai: ognuno può immaginare la sua “visione incantevole”, la sua personale occasione di fuga o di riparo dai problemi più scottanti della vita quotidiana. Se dunque da un lato «viene meno l’universo realisticamente poetico, corale di Eduardo – come spiega Maria Grazia Gregori sull’Unità – il suo posto sembra preso da un vento quasi beckettiano, impregnato di solitudine».
Alesi entra in scena con un casco da operaio per assumere via via le sembianze dei suoi personaggi: curva la schiena per l’antieroe-bambino Luca Cupiello, “uomo di fiducia”, come lui stesso dice enfaticamente di sé, (che Eduardo interpretò dai 31 agli 80 anni, tanto da assumerne negli ultimi anni fisionomia e stile) incrocia le braccia sussurrando tra i denti con voce sibilante per Concetta, alza il mento arrogante per Nicola e esibisce il fianco languido per Ninuccia fino ad arrivare a rappresentare, con coraggioso arbitrio, Ninnillo gay, l’indolente “figlio e’ mammà”, sovvertitore di qualsiasi convenzione, geniale intuizione sulla base delle differenze tra le varie versioni della commedia (negli anni alcune battute che rivelavano troppo sono sparite dal testo, probabile segno che l’argomento fosse ancora tabù per l’epoca) definita dal Corriere del Mezzogiorno come la «più iconoclasta delle trovate di Russo Alesi, per cui il tormentone Te piace ‘o presepio? si trasforma in esplicita metafora».
E a ben rifletterci, oltre che un omaggio al grande autore e un esercizio di virtuosismo, quello di Alesi è il più poetico tributo al cosiddetto “teleteatro”. Perché quella che oggi consideriamo la “cattiva maestra per eccellenza” un tempo riuscì a portare – dopo una prima versione in bianco nero – l’intero teatro di Eduardo nelle case degli italiani. Nel 1977 la Rai mandò in onda una versione a colori di Natale in casa Cupiello (fu la prima commedia girata a Cinecittà) permettendo a noi tutti – Russo Alesi compreso – di affezionarci e innamoraci di ogni personaggio pur non avendolo mai visto a teatro, dalla leggendaria Pupella Maggio alla giovane e tormentata Lina Sastri. E seppure Russo Alesi confessi di non imitarli di proposito, gli sono entrati così talmente dentro – come a tanti di noi del resto – da essere ormai personaggi universali.
Oggi, in occasione del 30ennale della scomparsa, è nato un canale tematico, interamente dedicato all’opera di Eduardo con contributi speciali, approfondimenti critici e sottotitoli su YouTube, frutto di un accordo tra Digital Studio & DVD e Luca De Filippo. Ad aprirlo non poteva che esserci Natale in casa Cupiello.
Visto al Teatro Studio, Milano
Maddalena Peluso