Recensione a cut-outs & trees – Cristina Caprioli / ccap
Frammenti. Parti di un insieme che non è più possibile ricomporre. Parzialità che assumono valore di interi di per sé e che, se accostati ad altri, consentono la creazione di una nuova totalità. A ruotare attorno a questa idea di frammentarietà è cut-outs & trees, la nuova creazione di Cristina Caprioli, presentata in prima assoluta al 7. Festival Internazionale di Danza Contemporanea e nata dal progetto ENPARTS (European Network of Performing Arts), il programma quinquiennale (2007-2013) avviato dalla Biennale di Venezia in collaborazione con festival e istituzioni europee quali Dance Umbrella di Londra, il Berliner Festspiele e il Dansens Hus di Stoccolma, che ha coprodotto quest’anno i lavori di Cristina Caprioli e di Virgilio Sieni.
L’ampio e vuoto spazio del Teatro alle Tese si è prestato a diventare, come spiega la Caprioli, «un bosco pieno di fogliame, di forme, di passati e di pensieri». Una moquette grigia, disposta lungo il perimetro del palco (una pedana rettangolare leggermente rialzata dal pavimento), si fa seduta per gli spettatori, liberi allo stesso tempo di sostare o muoversi per scegliere la propria visione. Al soffitto, un ingranaggio di corde e cantinelle, consente lo scorrimento di lunghe strisce bianche in pvc forellato. La disposizione ritmica regolare di questi filamenti crea un’alternanza di pieni e vuoti perfettamente in linea con il principio di frammentarietà delle immagini che vi vengono proiettate: “trees” intesi come diramazioni in alto e basso, complicazioni e ritagli. Il “cut-out” coreografico di Caprioli si arricchisce, infatti, del lavoro video del programmatore digitale Panajotis Michalatos e dello scenografo e light designer Jens Sethzman, una collaborazione tesa a identificare una relazione tra la stratificazione reale e virtuale, idea concettualmente accativante ma che ha corso il rischio, in alcuni momenti dello spettacolo, di costringere i diversi linguaggi a procedere su due binari paralleli senza mai intrecciarsi.
Lo spazio, per la coreografa e teorica italiana ma di adozione svedese, non può più essere inteso come superficie piatta e luogo da riempire, ma va concepito come spazio concreto che si somma al corpo coreografato. La densità di questa scena consente di adoperare uno sfilacciamento e una distorsione della visione al fine di provocare nel corpo nuove forme slegate da un controllo ontologico. Per parlare della stratificazione corporea, la Caprioli ha creato una partitura coreografica (su musiche di Alva Noto) per sei danzatrici della sua compagnia ccap di Stoccolma, partitura apparentemente alogica ma estremamente pulita, che sviluppa, tramite ripetizioni e sovrapposizioni, sequenze suggestive e a volte disorientanti. La molteplicità di livelli spazio-temporali ha messo in evidenza bellissime dilatazioni gestuali e la scenografia ha stimolato lo spettatore a porgere attenzione al dettaglio, al ritaglio scelto liberamente senza alcuna imposizione registica.
La poco svillupata comunicazione tra i diversi linguaggi artistici presenti in cut-outs & trees ha riacquisito il suo valore di interazione nel momento in cui, a fine rappresentazione, la scena di Cristina Caprioli si è fatta choreographic object e gli spettatori, incuriositi, si sono intrufolati all’interno della visionaria foresta.
Visto al Teatro alle Tese, Venezia
Elena Conti