Recensione a Cuore di Pesce – Laura Graziosi
Un ambiente gentile e raffinato accoglie gli spettatori in sala. Da un angolo, una voce soave accompagna gli ospiti verso il proprio posto a sedere. Così Laura Graziosi ci invita ad entrare nel suo mondo. Un mondo fragile, sospeso in una dimensione non definibile, tra il sogno e la pazzia. Un mondo che ruota attorno ad una figura artificiale, ideale centro della protagonista: un uomo, ma di pongo.
Lo spettacolo, nel suo procedere, definisce un percorso all’interno di una mente femminile immersa nel suo viaggio alla ricerca dell’amore. Una ricerca tanto spasmodica da portare la protagonista a costruire da sé il proprio uomo ideale, plasmandolo secondo una visione perfettamente delineata nella sua mente: un uomo costruito su misura, ma pur sempre costruito; o, forse, pur sempre un uomo. Eppure attorno a questa figura artificiale cominciano a delinearsi una serie di episodi in grado di svelare ansie, paure, aspettative e paranoie di una ragazza: una ragazza qualunque, che come tante sogna solo di trovare il Principe Azzurro (anche se di fatto è giallo e verde quello di pongo da lei costruito e posto al centro del suo mondo). Ed è proprio l’atmosfera fiabesca quella che si respira all’interno della sala. Con Cuore di pesce, Laura Graziosi esplora un modo di immaginare l’amore nettamente in contrasto con la società di oggi, sempre attenta a tenerci lontano dai sogni, per farci stare con i piedi per terra su di una realtà virtuale. Eppure, nonostante gli episodi che si susseguono rimangano sospesi tra una follia dolce e un onirismo infantile, le immagini proposte riescono a delineare in modo ironico, ma quanto mai veritiero, le dinamiche e le relative incertezze che caratterizzano una relazione di coppia attraverso un dialogo di cui si ode una sola voce. L’incapacità di comunicare tra la sfera maschile e la sfera femminile permette all’impianto di muoversi in dimensioni diverse, che vedono contaminarsi esperienze passate e presenti di una mente che rivela tutta la sua fragilità, affermando la centralità che assume il proprio vissuto nell’elaborazione dei propri sentimenti. È una donna insicura quella che viene dipinta sulla scena, frammentata e divisa tra i suoi sogni e la vita reale, oppressa dal silenzio e dalla paura di rimanere da sola, di cui si possono intravedere solo degli scorci netti e definiti grazie all’impianto illuminoscenico semplice e raffinato ideato da Francesco Giarlo, ma in grado di restituire la frammentazione di una personalità e dei suoi pensieri. Nonostante questo, nella follia apparente di questa mente risiede quella forza presente in tutti noi che ci permette di superare il dolore della separazione, guardando al futuro con rinnovata vitalità e immaginazione.
Cuore di pesce è uno spettacolo che diverte e fa sorridere con amarezza e che si rivolge a tutti coloro che hanno sofferto le pene d’amore, ricordando che tutto sommato la vita trova compimento al di là della ricerca di una figura che ci stia accanto. Un primo esperimento solista di Laura Graziosi, che si serve del suo corpo e della precisione dei movimenti per ammaliare e stupire; una padronanza in grado di sopperire ad un impianto narrativo eccessivamente frammentato, in cui gli episodi appaiono legati gli uni agli altri in modo un po’ forzato, ma che, nonostante ciò, si presenta come un esercizio di stile molto interessante e il punto d’inizio di una ricerca tesa ad affermare la forza e l’indipendenza del proprio punto di vista.
Visto ai Carichi Sospesi, Padova
Giulia Tirelli