recensione giovanna al rogo

Giovanna prima del rogo

Recensione a Giovanna al rogo – Teatro del Carretto

Foto di Guido Mencari

Un testo asciutto, desunto dall’ossessione di Giovanna “mandata da Dio per salvare la Francia, è per questo che sono nata”. È in carcere la pulzella d’Orléans del Teatro del Carretto, ripresa negli ultimi giorni della sua vita, in bilico tra i ricordi di visioni e battaglie. Scarna e muscolosa come una vera guerriera, interpretata dalla rabbiosa Elsa Bossi, ripete poche parole, girando attorno alla sua disperazione. È il dramma di una donna francese imprigionata insieme a tre energumeni inglesi e anglofoni, che la scherniscono, abusano di lei, tentano di affogarla in un secchio, mentre ascoltano alla radio la storia di un processo, di un interrogatorio, di un’esecuzione in piazza. Lo stesso rogo che vedremo sulla scena buia, ricoperta di terra da Graziano Gregori, e cinta in emiciclo dalle pareti di legno che si apriranno in fessure di luci, in nicchie per statue di santi e martiri. Una cella di fango su cui pende, al centro, un cappio. Su cui vibrano suoni sinistri e taglienti, inconfondibile soundscape firmato da Hubert Westkemper, secondo la migliore tradizione sonora del Carretto: suoni che raccontano più delle parole. Inutile per Giovanna invocare continuamente le sue sante protettrici, Caterina e Margherita: la voce del giudice le intimerà di ammettere di esser stata eretica, blasfema e posseduta dal demonio. Lei, che dall’età di tredici anni ha sentito le voci di Dio, angeli e santi che le ordinavano di partire per porre fine all’assedio di Orléans. Sarà lei, la paladina di Francia contro l’Inghilterra nella guerra dei cent’anni a metà del 1400, a supplicare i suoi aguzzini di esser trasferita in un carcere femminile, primo cedimento verso l’abiura e l’ammissione di colpa, di idolatria, di orgoglio, di bestemmia, di disobbedienza alla Chiesa.

Non prima di aver compiuto l’ultimo gesto caparbio col suo braccio armato di lama, contro gli intollerabili inglesi, marionette muscolose che rimandano alla tradizione del teatro di figura in cui la compagnia lucchese si inscrive: tre colli accoltellati a sorpresa, si ritrovano circondati di spade conficcate all’improvviso nelle pareti, nella scena clou di questa Giovanna al rogo in versione dark. Così tagliato, il legno del recinto ricorda la cupezza metallica dell’Iliade e dell’Odissea, spettacoli che dal 1988 e dal 2002 hanno fatto col Carretto lucchese il giro del mondo.

Foto di Guido Mencari

Impressionata dalla figura mistica della patrona di Francia, Maria Grazia Cipriani racconta la sua Giovanna “incoronata di gloria militare”, con gli anfibi e la camicia di forza, con la voce soffocata nella recitazione graffiante, talvolta eccessiva ma mai monotona, di Elsa Bossi, già stretta nel bianco-sporco di una camicia di forza per Geltrude/Ofelia nell’Amleto del 2010, firmato dal Teatro del Carretto. Strega invasata e santa, si illumina di luce caravaggesca, sofferente in viso come Renée Falconetti del film muto di Dreyer, splendida come Ingrid Bergman e Milla Jovovich.

Le immagini toccanti del rogo di una bambola in scena non raccontano delle sommosse che scoppiarono alla morte dell’eroina francese, vittima e martire di una ingiustizia claustrofobica e potente. Piegata alla causa nazista e poi sovietica, reincarnata in più di 25 film nel secolo scorso, Giovanna diventa nell’interpretazione poco esplicita della regista “oggetto di appropriazione e strumentalizzazione per finalità politiche di ogni genere”. Coronata di spine e crocifissa tra corvi neri, l’eroina francese è qui una donna senza scampo, sin dall’inizio, chiusa in una trappola che sembra stringersi progressivamente su di lei. E sovrastata infine da una musica dance distorta e disturbante, dalla censura, dalla banalità del male.

Visto al Teatro del Giglio, Lucca

Fabiana Campanella